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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2013 alle ore 13:16.

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Fotovoltaico domestico accumulato in batteria, un affare da 500 milioni

Tutti pronti al lancio dell'energia domestica, un po' autarchica ma amica del sistema elettrico nazionale, della bolletta e perfino dello sviluppo economico e industriale del nostro paese. Lo sostiene l'Anie, l'associazione confindustriale delle aziende elettrotecniche e elettroniche. La carta da giocare dopo anni di incentivi alle energie rinnovabili? Quella degli accumuli a batteria dell'energia prodotta con le fonti verdi, non solo con i grandi sistemi connessi alle reti di generazione distribuzione ma, anche e forse soprattutto, con i microsistemi da installare direttamente nelle case o nei condomini. Una loro diffusione di massa potrebbe incrementare l'autoconsumo dell'energia fotovoltaica «dal 30 al 70%, determinando notevole risparmio per i proprietari degli impianti benefici rilevanti per il sistema elettrico». Benefici che l'Anie valuta, sulla scorta di uno studio affidato alla società di consulenza Bip, in «oltre 500 milioni di euro l'anno».

Dopo il conto energia

«Una valida opportunità per far crescere ulteriormente il fotovoltaico domestico anche dopo la chiusura del quinto conto energia e la fine delle tariffe incentivanti» rimarca Nicola Cosciani, responsabile Anie per i sistemi di accumulo di energia. Il messaggio è chiaro: l'equivalente dei 500 milioni di euro di beneficio stimato per il sistema elettrico nazionale potrebbe essere impiegato per un pacchetto di incentivi che così si autofinanzierebbero, senza pesare sulle dissestate casse dello Stato. Anzi, con benefici economici netti. Perché se per i pannelli fotovoltaici il passato sistema degli incentivi anni non ha consentito la creazione di una vera industria nazionale degli apparati, nei sistemi di accumulo (batterie, inverter, elettronica di controllo) l'Italia è già messa piuttosto bene «con produttori di livello internazionale».

Ma come confezionare questi incentivi? Il primo passo, secondo l'Anie, potrebbe essere quello di estendere intanto ai sistemi di accumulo domestici gli attuali benefici fiscali riservati all'installazione di apparati a maggior efficienza energetica. O magari si potrebbero studiare forme di credito agevolato mutuando le esperienze in corso in Germania o, ad esempio, in California.
Le opportunità per creare anche una preziosa filiera industriale ben ramificata, forte di un buon numero di grandi imprese contornate da un indotto ben ramificato, sono intuibili. E nelle stime dell'Anie e dei consulenti di Bip qualche anno di incentivi potrebbe accompagnare facilmente lo scenario verso il raggiungimento della grid parity, ovvero della convenienza netta di queste installazioni anche per il cliente finale senza bisogno di alcun sussidio. Anche perché «il costo delle batterie scenderà del 50% nei prossimi tre-cinque anni, favorendo una diffusione capillare di questi sistemi».

Rivoluzione in rete

Più nel dettaglio lo studio di un energia calcola i benefici sul sistema elettrico nazionale sulla base di uno scenario di penetrazione dei sistemi di accumulo domestico del 20%, e cioè 5milioni di impianti fotovoltaici con accumulo su 25 milioni di famiglie italiane. Il risparmio più consistente verrebbe «dalla riduzione dell'energia tagliata a causa dell'eccesso di generazione sulla domanda» che lo studio quantifica in 234,4 milioni di euro l'anno, a cui si sommerebbero 147,1 milioni conseguenti alla riduzione della capacità termoelettrica che deriverebbe dal livellamento del picco della domanda serale di energia.

Il diffondersi dei sistemi di energia distribuita obbligherebbe certamente a una modernizzazione ancora più accentuata dei sistemi di dispacciamento di rete rispetto a quella già in corso. Ma anche questo rappresenterebbe, secondo l'Anie, una buona opportunità industriale. È in ogni caso si accompagnerebbe ad un taglio o quanto meno un differimento degli investimenti sugli ampliamenti da programmare per le infrastrutture classiche della rete di distribuzione, con risparmi stimati in 72,8 milioni di euro. Senza contare il risparmio che deriverebbe «dalla riduzione delle perdite dirette e dalla diminuzione delle emissioni di anidride carbonica», che vengono quantificati rispettivamente 17,4 e 43,1 milioni di euro.
Certo, gli attuali produttori termoelettrico, già abbondantemente minati nella loro redditività dalla priorità di dispacciamento delle energie rinnovabili che crea già oggi una evidente sovracapacità, avranno sicuramente qualcosa da obiettare. Ma si sa, ogni grande modernizzazione ha i suoi inevitabili effetti collaterali.

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