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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2013 alle ore 06:45.

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NEW YORK. Dal nostro corrispondente
Con decisione Ben Bernanke ha confermato ieri che la Fed non è pronta al "tapering", non è pronta cioè a diminuire la sua manovra di quantitative easing che le permette di acquistare 85 miliardi di dollari al mese di titoli del Tesoro americano. Non solo, il Presidente della Fed ha detto che la politica sui tassi potrà restare aggressiva anche se il tasso di disoccupazione dovesse scendere «considerevolmente» al di sotto del 6,5%, la soglia indicata qualche tempo fa come possibile indicatore per un cambiamento di politica monetaria.
Notizie che hanno colto di sopresa una buona parte degli osservatori economici, certi che con questo mese la Fed avrebbe cominciato a ridurre gli acquisti di almeno 10 miliardi di dollari, persino nelle stime di una banca informata come Goldman Sachs. Su queste pagine abbiamo però citato analisi, come quella di Decision Economics di Allen Sinai che davano le probabilità di una diminuzione degli acquisti di titoli solo al 25% per dati poco incoraggianti sul fronte economico.
Proprio quello che ha spiegato ieri Ben Bernanke, che secondo fonti della Casa Bianca citate da Reuters sarà quasi certamente sostituito da Janet Yellen: «Le condizioni del mercato del lavoro sono migliorate, ma non sono ancora al punto che avevamo identificato quando abbiamo specificato le condizioni che ci avrebbero consentito di procedere con una diminuzione delle nostre politiche di acquisto» ha detto Bernanke. Il Governatore si è spinto molto più in là, ha bacchettato chi sul mercato ha giocato sugli annunci della Fed per creare un'atmosfera isterica e speculativa, indirettamente ha anche ripreso coloro che nei media hanno fatto da cassa si risonanza al sensazionalismo piuttosto che al realismo e alla chiarezza delle posizioni della Fed. «Quando abbiamo detto che forse entro quest'anno avremmo ridotto gli acquisti sul mercato per terminarla nel 2014 abbiamo chiarito che i nostri aggiustamenti avrebbero seguito l'evoluzione dell'economia... e oggi un'analisi approfondita delle prospettive economiche non ci consente ancora di avere un pronostico di crescita propedeutico a una riduzione delle politiche di acquisti». La Fed non a caso ha tagliato le stime di crescita 2013 dal 2,4 al 2,1%.
Bernanke ha anche risposto a chi nei giorni scorsi aveva criticato la bontà della scelta di introdurre una nuova manovra di quantitative easing: «Da quando abbiamo iniziato la manovra di sostegno alla crescita, si sono creati nell'economia circa 2 milioni di nuovi posti di lavoro...». Una difesa d'ufficio delle sue scelte dunque, una spiegazione della decisione di ieri da attribuirsi al fatto che la creazione di nuovi posti di lavoro non è ancora sufficiente ma spiegata anche dalla presenza di un'aggressiva manovra fiscale «che costa fino all'1% al tasso di crescita dell'economia». È possibile che la riduzione di acquisti di titoli del Tesoro arrivi a questo punto a ottobre o persino a dicembre, ma la gradualità, dice Bernanke non avrà forti impatti reali sull'economia. Non solo, i tassi di interesse sui Fed Funds (tassi interbancari) resteranno sui livelli attuali, cioè fra lo 0 e lo 0,25% molto a lungo, forse fino al 2015.
Bernanke ha inoltre introdotto una sfumatura in più, se l'inflazione resterà sotto controllo, i tassi resteranno sui livelli attuali anche se il tasso di disoccupazione dovesse scendere «ben al di sotto dell'obiettivo che avevamo identificato come soglia di guardia, e cioè il 6,5%».
Il messaggio, l'ennesimo messaggio di Bernanke, provato, stanco, come lo abbiamo visto ieri in conferenza stampa, è dunque per la calma davanti a un percorso che non cambia e davanti a una strategia che cambierà solo quando ci saranno dati economici talmente evidenti da giustificare prima una interruzione del QEIII, poi una manovra restrittiva. Anche se il tapering comincerà, ha voluto in sostanza dire Bernanake, state tranquilli perché per molto in termini di tassi cambierà poco. Un messaggio sempre uguale da mesi. Ma che mercati, analisti e giornalisti ritegono di condire ogni volta di varianti inesistenti, forse solo per movimentare la scena.
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