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Questo articolo è stato pubblicato il 19 settembre 2013 alle ore 17:00.

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I valori non negoziabili di Bergoglio

C'è tutto il Papa gesuita, il pastore di confine, il Papa degli ultimi nell'intervista a "Civiltà Cattolica". Bergoglio parla a ruota libera, senza l'assillo dell'intervista ma con lo spirito della conversazione, del dialogo, in questo caso con padre Antonio Spadaro, giovane direttore della prestigiosa rivista e molto attivo sulla rete con il suo agire per la "cyber-teologia". Il Pontefice argentino mette in fila i temi chiave dell'agenda profonda della sua Chiesa, le sfide "cattoliche" di cui aveva parlato durante il suo intervento alla Congregazione generale di due giorni prima dell'inizio del Conclave, quando molti cardinali decisero di votarlo.

Per questo affronta solo marginalmente i temi della riforma della Curia, non entra nello speficio di quale modello preferirebbe, tantomeno nelle tribolato campo delle finanze vaticane, che pure sono esaminate dalla commissione di inchiesta da lui nominata (così come per lo Ior). Il Papa-gesuita ricorda l'approccio analitico dei figli della Compagnia di Gesù ai problemi prima di assumere una decisone, secondo lo spirtio ignaziano della scomposizione delle materie da analizzare e la loro ricostruzione alla luce dei principi della fede. Da lì il suo rammarico per essere stato in passato troppo decisionista - specie quando guidò i gesuiti argentini - tanto da essere tacciato di essere un ultranconservatore di destra, cosa che non è mai stato (e la pastorale dei primi sei mesi ne è sufficiente dimostrazione).

Ecco allora che «l'ospedale da campo» diventa il vero valore non negoziabile per un credente, e tanto più per un pastore. E non le faccende legate ad aborto, contraccezione e unioni gay, che non devono diventare un'ossessione. Messaggio questo molto chiaro a molte conferenze episcopali, a partire da quella italiana, che la prossima settimana riunità il proprio Consiglio permanente. Il richiamo costante al sevizio è l'agenda che detta ai suoi vescovi e alla Curia - nel recente passata dilaniata da lotte interne - che deve smettere di essere un luogo di "gestione" e diventare di "mediazione".

Oggi, tra l'altro, Bergoglio è tornato a mettere in riga i suoi vescovi, ribadendo che non devono essere uomini ambiziosi che cedono allo spirito del carrierismo. Devono essere invece «pastori con l'odore delle pecore», pronti ad «accogliere tutti per camminare con tutti», e a scendere nelle «periferie esistenziali, dove c'è sofferenza, solitudine, degrado umano». Le raccomandazioni rivolte oggi da Papa Francesco ai vescovi di prima nomina, partecipanti al convegno delle Congregazioni per i vescovi e per le Chiese orientali, contengono alcune delle parole d'ordine del pontificato di Bergoglio. Che ha sottolineato anche la necessità di rimanere con il gregge, quindi della stabilità, del «rimanere nella diocesi senza cercare cambi o promozioni». E in un mondo in cui gli spostamenti e i viaggi sono di grande facilità, ha osservato, «evitate lo scandalo di essere vescovi da aeroporto».

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