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Questo articolo è stato pubblicato il 22 settembre 2013 alle ore 19:22.

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Intanto il 1° giugno del 2008 Godame illustra i pilastri ideologici del movimento, che sono rimasti a oggi gli stessi: creare un califfato islamico in Somalia mediante il jihad, fino alla conversione del mondo intero. I porosi confini con il Gibuti e il Kenya, e i porti a disposizione degli Shabaab, avevano reso facile per i qaedisti stranieri penetrare in Somalia. Già nel 2009 circa mille mujaheddin, tra cui pakistani, sauditi e yemeniti, assumono le posizioni di comando degli Shabaab. Ed ecco che un nuovo fenomeno prende piede in Somalia: gli attentati kamikaze. Un atto del tutto estraneo alla mentalità somala. Il 18 settembre del 2006 a Baidoa, uno shaid si fa esplodere al passaggio del presidente Yusef. È il primo "martire" targato Shabaab. In un inquietante crescendo, li hanno usati più di 40 volte. E ne hanno intensificato il loro utilizzo da quando sono stati espulsi da Mogadiscio e da Kismajo .

Indeboliti dalle sempre più frequenti divisioni interne – in giugno hanno ingaggiato una guerra con le milizie guidate dal carismatico Sheikh Hassan Dahir Aweys, prima loro alleato – gli Shabaab controllano ancora diverse regioni (soprattutto rurali) ma hanno perso molti centri strategici del Paese. E' improbabile che riescano a riconquistare Mogadiscio, Kismajo e altri città strategiche. Ma sono ancora in grado di sferrare attacchi letali, all'estero, ma anche nel cuore della capitale somala. Lo dimostrano gli attentati più recenti: quello sferrato questo mese in un ristorante della città (18 vittime), quello, più eclatante, contro il compound elle Nazioni Unite di Mogadiscio lo scorso giugno, e l'attacco condotto con sei kamikaze e un commando armato contro il tribunale cittadino e contro un convoglio della Mezzaluna islamica (34 vittime). Mai come oggi la "nuova Somalia"si sta faticosamente rimettendo in piedi, ma gli Shabab restano la maggiore minaccia, capace di far precipitare il Paese in quella sanguinosa guerra civile che si trascina ormai da 23 anni. Mai come oggi il Paese ha bisogno dell'indispensabile aiuto della Comunità internazionale.

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