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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2013 alle ore 07:25.

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Il boss Messina Denaro sempre più al verde: la Dia confisca 700 milioni a Grigoli, re dei supermercati

Un colpo così Matteo Messina Denaro, considerato tra gli attuali reggenti della cupola mafiosa siciliana e latitante da 20 anni, non lo assorbirà facilmente. Dopo i duri colpi alle prime, seconde e terze linee del suo esercito trapanese e dopo i ripetuti sequestri patrimoniali, questo rischia infatti di essere il colpo di grazia per la cassaforte sempre più al verde che ne garantisce la costosissima latitanza. Essere capo senza portafoglio equivale a perdere l'egemonia.

La Dia di Palermo - coordinata dal colonnello Giuseppe D'Agata – in queste ore sta infatti confiscando un patrimonio mobiliare ed immobiliare – da Agrigento a Palermo passando per Trapani e Mazara del Vallo- di oltre 700 milioni a Giuseppe Grigoli, imprenditore di Castelvetrano (Tp) e suo uomo di assoluta fiducia. Contestualmente, a Grigoli è stata applicata la sorveglianza speciale per quattro anni. Un rapporto talmente stretto tra Grigoli e Messina Denaro, che il 23 dicembre 1990 la madrina per il battesimo della figlia di Grigoli, Federica, è stata la sorella di Messina Denaro.
Dodici società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari, sono state colpite dal provvedimento emesso dal Tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione. Tutti riconducibili a Grigoli, 64 anni, considerato il "re dei supermercati", attualmente è detenuto, in quanto condannato dalla Corte d'appello di Palermo a 12 anni di reclusione (a conferma della condanna di 1° grado), perché ritenuto responsabile del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso. Nell'ambito dello stesso procedimento, Messina Denaro è stato condannato a 20 anni di reclusione.

L'operazione, che nasce dalla proposta avanzata dal direttore della Direzione investigativa antimafia, Arturo De Felice, dopo aver fatto luce su una serie di attività e movimentazioni finanziarie svolte dalla Srl Gruppo 6 Gdo, dalla Grigoli Distribuzione srl e da numerose altre società satellite, operanti prevalentemente nel mondo della grande distribuzione alimentare nella Sicilia occidentale, ha consentito di recuperare l'ingente patrimonio illecitamente accumulato.
In particolar modo, la ricostruzione della Dia di Palermo ha messo in luce la consistenza patrimoniale della Gruppo 6 Gdo srl, che gestiva direttamente 43 punti vendita sparsi tra vari comuni della provincia di Trapani e Agrigento, nonché altri 40 punti vendita in regime di affiliazione al marchio Despar.

La scalata
A garantire la scalata nel mercato alimentare di Grigoli, anche fuori dalla provincia di Trapani – secondo la valutazione di investigatori e inquirenti – è stato Messina Denaro in persona. Dopo l'arresto di Bernardo Provenzano furono trovati nel suo covo alcuni "pizzini": la corrispondenza tra il Messina Denaro e Provenzano e tra questi e Giuseppe Falsone, boss agrigentino all'epoca latitante, in cui si faceva riferimento a Grigoli, che si trovava al centro di una controversia tra la "famiglia" mafiosa di Trapani e quella di Agrigento.

L'esame della documentazione analizzata dalla Dia ha dimostrato che Grigoli ha messo a disposizione di Cosa nostra, attraverso rapporti personali e diretti con il boss latitante, i propri mezzi d'impresa, il know how, le risorse delle quali disponeva, la propria rete commerciale, ed in tal modo ha garantito la realizzazione di interessi mafiosi. Messina Denaro non ha mancato di partecipare in prima persona – attraverso i suoi personali rapporti con Grigoli - alle decisioni di maggior rilievo per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale, allorché esse hanno riguardato i rapporti con l'associazione mafiosa o con singoli esponenti di essa, assumendone la responsabilità, al punto da comunicarle personalmente anche agli altri esponenti di vertice dell'organizzazione.

Guardie o ladri: il blog di Roberto Galullo

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