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Questo articolo è stato pubblicato il 24 settembre 2013 alle ore 12:20.
L'ultima modifica è del 24 settembre 2013 alle ore 10:58.

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Telecom, Pd e Pdl chiedono al Governo di riferire in Parlamento. La Cgil: a rischio 16mila posti

Telefonica primi azionisti di Telecom. Agli spagnoli andrà il controllo del 66% della holding che detiene il 22,4% della società di tlc. E in Italia si apre subito il caso. Politici (interventi bipatisan) e sindacalisti italiani si dicono perplessi (e allarmati) dopo la chiusura dell'operazione. I primi mettono in evidenza l'indebitamento degli spagnoli, ancora più consistente di quello di Telecom. Uno squilibrio che, osservano, potrebbe chiudere il rubinetto degli investimenti che il gigante iberico sarà disposto a mettere in campo. I secondi lanciano l'allarme occupazione e chiedono garanzie. Frena il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato: è «difficile sostenere» che, con la salita di Telefonica in Telco, «Telecom Italia diventi spagnola».

Timori condivisi da Pd e Pdl
Gli azionisti di maggioranza dell'Esecutivo di larghe intese sono preoccupati. Nessuna divergenza tra Pd e Pdl: il Governo riferisca al più presto in Parlamento sulle vicende Telecom e Alitalia, chiedono all'unisono il presidente dei senatori del Partito democratico, Luigi Zanda e il capogruppo alla Camera Roberto Speranza. La stessa richiesta viene avanzata dal capogruppo del Pd a Montecitorio Renato Brunetta: «Cosa cambierà - si chiede l'ex ministro - con i due terzi del capitale Telco in mano agli spagnoli? Ci saranno ancora le risorse per gli investimenti e per lo sviluppo dei servizi? A che punto è il progetto di scorporo della rete fissa e quali sono le prospettive del settore in Italia?».

«In attesa che siano formalizzati i dettagli dell'operazione, la cessione di Telecom Italia agli spagnoli è un segnale preoccupante per il capitalismo italiano e per il nostro Paese», afferma il capogruppo del Pdl al Senato, Renato Schifani. «La vendita di Telecom alla spagnola Telefonica rappresenta un vero disastro per il sistema industriale italiano. Per di più la Telefonica é oberata di debiti per cui non si sa il destino complessivo di tutta l'operazione», rincara Fabrizio Cicchitto. «A questo punto - sottolinea il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri - diventa ancora più urgente definire il tema della rete. Lo scorporo é necessario proprio per la rilevanza strategica di questa struttura».

D'Alema: fu scelta giusta
«Ancora oggi penso che fu una scelta giusta quella di rispettare il mercato e consentire che una grande impresa italiana potesse essere acquistata come avviene normalmente in tutti i Paesi di democrazia liberale. È ridicolo fare discendere difficoltà e decisioni odierne da una vicenda che risale ormai a quasi 15 anni fa». Lo dice D'Alema. Secondo l'ex premier, comunque, il Parlamento fa bene oggi a «chiedere chiarezza» su quanto sta avvenendo ora sulla Telecom. E ricorda che dopo quanto avvenne 15 anni fa, la Telecom «ha vissuto complesse e infinite vicissitudini».

Grillo: Governo blocchi vendita con i soldi della Tav
«Il governo deve intervenire per bloccare la vendita a Telefonica con l'acquisto della sua quota, è sufficiente dirottare parte dei miliardi di euro destinati alla Tav in Val di Susa che neppure il governo francese vuole più», si legge in un passaggio del post non firmato pubblicato sul sito di Beppe Grillo.

Bonanni: preoccupa tenuta occupazione. Angeletti: un altro duro colpo
Il passaggio del controllo della compagnia telefonica mette in allarme i sindacati. L'acquisizione di Telecom da parte di Telefonica «si commenta da sola: non è una bella pagina economica per il Paese», commenta Raffaele Bonanni, segretario generale della Cisl. «La preoccupazione principale è quella della tenuta occupazionale, su questo vogliamo garanzie», aggiunge. A rischio, secondo le stime di Michele Azzola della Slc Cgil, ci sono fino a 16mila posti. Occorre convocare «immediatamente gli azionisti di riferimento di Telecom Italia e le parti sociali per verificare quale sia il progetto industriale su Telecom», si legge in una nota congiunta delle segreterie nazionali Cgil e Slc. Quello delle ripercussioni negative sull'occupazione è un timore condiviso da Matteo Colaninno, responsabile delle Politiche economiche del Pd: «A rischio - spiega - c'è la garanzia dei dipendenti e del piano industriale». «È un altro duro colpo per noi - confida il segretario generale della Uil Luigi Angeletti -, così perderemo un'altra delle poche, grandi imprese che ancora restano sotto il controllo italiano. E accadrà fatalmente quello che é naturale che accada: che nei prossimi anni, quando si tratterà di decidere dove investire lo si farà sulla base di interessi, legittimi, che però non risiederanno a Roma ma a Madrid».

Panucci (Confindustria): quello che alla fine rileva è la concorrenza
Le imprese aprono. Per il direttore generale della Confindustria Marcella Panucci, l'operazione «è uno snodo molto importante per il nostro futuro industriale: quello che rileva non è la nazionalità del capitale né le bandiere, quello che rileva è che siano promosse le condizioni di concorrenza che peraltro ci sono un mercato come quello delle telecomunicazioni. E soprattutto, che sia consentito di sfruttare al massimo le potenzialità delle reti di nuova generazione, quindi staremo a vedere quale sarà il piano che presenterà Telefonica».

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