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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 06:41.

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Alitalia ha bisogno di 400-500 milioni di euro per evitare il collasso. Ma è molto incerto chi metterà questi soldi, tra richiesta di aumento di capitale e di nuovi prestiti alle banche. Le banche vogliono che i soci mettano capitale fresco (circa 200 milioni), però molti dei 20 soci italiani non sono in grado o non vogliono sborsare altri soldi. Si aspetta che Air France-Klm faccia la prima mossa.


Le comunicazioni tra Roma e Parigi si sono rarefatte dopo il cda dell'altra sera che ha rimandato la palla nel campo della compagnia italiana. Il 75% di Alitalia è posseduto dai venti «patrioti» chiamati da Silvio Berlusconi nel 2008 per respingere l'offerta di acquisto di Alitalia presentata da Air France-Klm.
Adesso sono gli stessi soci italiani a sperare nell'intervento salvifico del socio francese, rientrato nel 2009 con il 25% in Alitalia. Il presidente Roberto Colaninno e l'a.d. Gabriele Del Torchio conosceranno solo domattina la decisione del socio franco-olandese che «ha considerato indispensabile ricevere le informazioni che dovrebbero essere fornite dalla direzione generale di Alitalia, in occasione della riunione del prossimo consiglio di amministrazione».
I francesi chiedono un'operazione verità sui conti, dai debiti finanziari netti (giunti a 1.023 milioni al 31 marzo 2013) ai rapporti con Carlo Toto per i contratti di leasing degli aerei. Il lancio imminente di un aumento di capitale è uno dei pochi punti fermi nei travagli della compagnia italiana, che ha accumulato circa un miliardo di perdite dal 2009 al 2012. Al cda di domani, insieme ai risultati del primo semestre, la perdita sarebbe salita intorno ai 250 milioni, verrà portata la proposta di una manovra finanziaria da 400-500 milioni: dovrebbe essere composta da una richiesta di aumento di capitale fino a 200 milioni e da un incremento dei finanziamenti bancari per 300 milioni.
Non sono grandi cifre, ma la strada è in salita per Alitalia se si considera che in febbraio, di fronte alla richiesta ai soci di un prestito convertibile di 150 milioni, la società ha raccolto solo 95 milioni. Tra i venti azionisti italiani della Cai c'è aria di disimpegno. Si è ampliato il fronte di chi non vuole o non può sottoscrivere una ricapitalizzazione. Non appare più in grado di offrire sostegno Emilio Riva, primo socio italiano con il 10,6% (pagato 120 milioni), un pacchetto sequestrato dai giudici nell'inchiesta Ilva a Taranto. Restano contrari Toto e gli Angelucci, improbabile che mettano soldi Fondiaria-Sai (con il nuovo padrone Unipol), Pirelli, la famiglia Orsero, Acqua Marcia, altri piccoli soci fino al gruppo Marcegaglia. Perfino banca Intesa (azionista con circa il 10%), motore dell'operazione 2008 con Corrado Passera, sotto la guida di Enrico Cucchiani potrebbe tirarsi indietro dalla ricapitalizzazione.
«Le necessità finanziarie di Alitalia non sono colossali e sono alla portata di Air France-Klm, per quanto non sia certo il momento migliore», ha detto l'a.d. di Air France-Klm, Alexandre de Juniac. «Il problema è come risollevare Alitalia e a quale prezzo, su un mercato nazionale fortemente penetrato dalle compagnie low cost e del Golfo, alle quali il governo italiano ha concesso parecchi diritti di traffico». Rimane in forte dubbio l'altra carta in cui spera in vertice Alitalia, un intervento di Etihad da Abu Dhabi. «Prenderemo in considerazione altre partecipazioni azionarie che ci diano valore aggiunto», ha detto l'a.d., James Hogan.
Infine le banche. Le più esposte sono Unicredit, Intesa e Mps. Prima di concedere altro credito, aspettano che siano i soci ad aprire il portafoglio.
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