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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 06:49.

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ROMA
Nessuna preclusione nei confronti di Telefonica ma riflettori puntati con decisione sulle prossime scelte industriali. Le prime reazioni del Governo sono improntate a una certa cautela, lasciando comunque trapelare l'intenzione di tutelare aspetti chiave come lo sviluppo della rete di telecomunicazione. Se fosse necessario, anche con interventi normativi.
Il premier Enrico Letta interviene da New York, dov'è impegnato per l'Assemblea generale dell'Onu, quando in Italia sono le 18.30 e gli esponenti del governo a vario titolo coinvolti, da Fabrizio Saccomanni ad Antonio Catricalà, sono impegnati a mettere a fuoco eventuali mosse. Il punto, sanno bene negli ambienti di governo, è ottenere in un tempo ragionevolmente breve garanzie sugli impegni di Telefonica sui livelli occupazionali e sugli investimenti per la banda larga, in un'ottica di piena parità di accesso alla rete tra l'ex monopolista e i concorrenti. Per il presidente del Consiglio, Telefonica è un interlocutore conosciuto, sul quale si può porre fiducia. E osservazioni analoghe giungono dal ministro dell'Economia, Fabrizio Saccomanni, il quale avrebbe confidato ai suoi collaboratori che la soluzione spagnola consente di dialogare sulla base di strategie condivisibili. La Spagna è un nostro storico partner industriale, del resto, al quale ci avvicina una concezione del rapporto tra capitalismo e Stato molto simile. L'Italia, è il ragionamento di Saccomanni, non vuole apparire un supermarket, sebbene si stia impegnando per promuovere occasioni di intervento agli investitori internazionali. Ma al tempo stesso non si possono imporre paletti strumentali a una grande impresa di un partner europeo, e c'è del resto la convinzione che Telefonica dimostrerà disponibilità sul dossier che più strettamente riguarda il Governo, cioè la rete tlc, da considerare come un'infrastruttura strategica al pari dell'energia e dei trasporti.
La rete è dunque il vero nodo, l'unico punto sul quale si potrebbe far prevalere un concetto di «italianità». Ecco perché, oltre alle riflessioni di Saccomanni con i suoi collaboratori, non sono mancate prime valutazioni da parte del viceministro allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, Antonio Catricalà.
A dire il vero, al suo staff Catricalà non ha nascosto una certa delusione per le modalità con le quali i grandi soci italiani di Telco – Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo – hanno informato il Governo, solo a cose praticamente fatte. Catricalà, che ieri ha incontrato il presidente esecutivo di Telecom Italia Franco Bernabè per una ricognizione sulle prossime tappe dell'operazione, ritiene che una comunicazione informale già tra sabato e domenica scorsa avrebbe consentito al Governo di prepararsi in anticipo a gestire la vicenda. Ora ci si attende che sia César Alierta a prendere rapidamente contatti con il Governo, per ribadire senza indugi – è l'aspettativa di Catricalà – che si va avanti con il progetto di scorporo della rete e contestuale ingresso della Cassa depositi e prestiti. Solo la Cdp, del resto, sarebbe un ottimo garante dell'«italianità» di un asset strategico come il network tlc e rappresenterebbe anche lo strumento adatto per iniettare risorse pubbliche in un grande progetto per lo sviluppo della banda larga.
Il viceministro confida ai suoi di essere fiducioso su questo punto. Ma è difficile dimenticare le perplessità che da sempre sul tema scorporo sono giunte da Madrid. E se la "moral suasion" non dovesse bastare? Non si può escludere, si ragiona a viale Brazzà, un intervento normativo. Di certo si deve adottare rapidamente il decreto attuativo che dovrà stabilire quali asset, ritenuti strategici nel settore delle comunicazioni, dovranno essere sottoposti alla golden share, ma non sembra questa la via che eventualmente si potrebbe percorrere. Avrebbe più senso, si ragiona, un intervento orientato alla politica industriale, per replicare il modello di separazione proprietaria Terna-energia anche alle tlc. Ovviamente, sempre rispettando le condizioni di mercato. Al momento, solo scenari. Nel frattempo l'esecutivo, con il premier, si preparerà a riferire in Parlamento come chiesto da diversi esponenti della maggioranza. Tra questi c'è chi si attendeva di più dal ministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonato, che per ora si è limitato a spiegare che «è difficile sostenere che, con la salita di Telefonica in Telco, Telecom Italia diventi spagnola».
@CFotina
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