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Questo articolo è stato pubblicato il 25 settembre 2013 alle ore 06:55.

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ROMA
Due colpi in rapida successione hanno raggiunto ieri – a Palermo e a Milano – il cuore degli affari di Cosa nostra.
Due colpi che giungono a pochi giorni di distanza dalla relazione sul secondo semestre 2012 spedita al Parlamento dalla Dia, che ha definito Cosa nostra vulnerabile, destrutturata ma ancora in grado di rinascere dalle proprie ceneri. Il documento si sofferma a lungo sulla mafia siciliana che, se da un lato conferma la fase di arretramento a seguito dei duri colpi ricevuti, dall'altra mostra segni di risveglio. «Una progettualità – si legge a pagina 10 della relazione – volta alla riorganizzazione ed alla affermazione del proprio potere».
Il primo colpo alle rinnovate velleità di rafforzamento di Cosa nostra è arrivato dalla Sicilia.
All'alba di ieri la Dia di Palermo ha confiscato un patrimonio mobiliare ed immobiliare – da Agrigento a Palermo passando per Trapani e Mazara del Vallo - di oltre 700 milioni a Giuseppe Grigoli, imprenditore di Castelvetrano (Tp), uomo di assoluta fiducia del superlatitante Matteo Messina Denaro. Contestualmente, a Grigoli è stata applicata la sorveglianza speciale per quattro anni.
Dodici società, 220 fabbricati (palazzine e ville) e 133 appezzamenti di terreno per 60 ettari, sono state colpite dal provvedimento emesso dal Tribunale di Trapani, sezione misure di prevenzione. Tutti riconducibili a Grigoli, 64 anni, considerato il "re dei supermercati".
All'unisono il direttore della Dia, Arturo De Felice e il colonnello Giuseppe D'Agata, capocentro della Direzione investigativa a Palermo, hanno sottolineato che un colpo così Messina Denaro, considerato tra gli attuali della cupola mafiosa siciliana e latitante da 20 anni, non lo assorbirà facilmente. La cassaforte che ne garantisce la costosissima latitanza è sempre più al verde. Essere capo senza portafoglio equivale a perdere l'egemonia.
Quando le agenzie stavano ancora battendo la notizia siciliana, da Milano arrivavano le prime informazioni dell'operazione "Esperanza" con la quale la Squadra Mobile ha smantellato una presunta organizzazione mafiosa (otto gli arrestati) attiva in Lombardia e ritenuta emanazione diretta di Cosa nostra. Al centro delle indagini della Polizia, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano (il pm titolare è Marcello Tatangelo), una rete di società cooperative attive nella logistica e nei servizi che, mediante false fatturazioni e sfruttamento di manodopera, hanno realizzato profitti in nero almeno dal 2007.
Parte di questi profitti è stata poi utilizzata – secondo inquirenti e investigatori – per sostenere, dal punto di vista logistico ed economico, importanti esponenti di Cosa nostra, detenuti o latitanti. Altro denaro è stato invece investito in nuove attività imprenditoriali, infiltrando ulteriormente l'economia lombarda.
Tra i capi dell'organizzazione una figlia e un genero di Vittorio Mangano, morto nel 2000, stalliere nella villa brianzola di Arcore di Silvio Berlusconi e ritenuto al vertice del mandamento mafioso di Porta Nuova. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, estorsione, false fatturazioni, favoreggiamento e impiego di manodopera clandestina.
robertogalullo.blog.
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