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Questo articolo è stato pubblicato il 26 settembre 2013 alle ore 06:41.

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MILANO
Un business da 5 miliardi di euro: la rete nazionale d'accesso in rame e fibra su cui "gira" il traffico dati e voce rappresenta un business su cui molti vorrebbero mettere le mani. La cifra, a quanto appreso dal Sole 24 Ore, non farà parte della documentazione attesa dall'Agcom che è già pronta – come confermata dallo stesso amministratore delegato di Telecom Marco Patuano lunedì – ma che potrebbe a questo punto subire qualche ritardo rispetto alla presentazione prevista per il Consiglio Agcom del 30 settembre.
Al momento tutto è dunque fermo al progetto presentato a fine maggio che vede nel perimetro della nuova società le infrastrutture passive (in rame e fibra), gli armadi di strada, le Optical network unit e le Optical line termination. Mancano all'appello i Dslam, in parole povere le intelligenze necessarie per un'offerta più complessa (in bitstream). E il ritardo rispetto alla tabella di marcia che sul punto si era prefissata l'incumbent è tutto sommato prevedibile dal momento che la svolta impressa da Telefonica in Telco ha sparigliato le carte.
A ogni modo, le discussioni sullo spin off della rete di Telecom erano ritornate in auge prepotentemente la settimana scorsa, con le dichiarazioni del viceministro allo Sviluppo economico, Antonio Catricalà, che ha voluto puntualizzare che «per il Governo lo scorporo della rete di Telecom è un obiettivo molto importante» e con la Cdp che «può avere un ruolo da protagonista».
Parole importanti, anche perché poi seguite dall'audizione in cui Vito Gamberale, amministratore delegato di F2i, ha indicato la possibilità da parte di Metroweb di valutare «con interesse la partecipazione, anche tramite il conferimento dei suoi asset in fibra». Affermazione da tenere in considerazione, anche perché altri come Alberto Calcagno di Fastweb hanno detto di voler restare fuori al progetto, contrariamente a Maximo Ibarra, numero uno di Wind, che ha confermato il suo interesse a partecipare a una società «con regole e governance chiara». Quest'ultimo punto è stato poi sollevato nei giorni scorsi anche dal presidente di Vodafone Italia, Pietro Guindani ed è uno dei punti centrali. Va bene uno scorporo societario o serve uno scorporo "proprietario"? Ma Telecom come potrà partecipare e quale sarà la governance?
In uno scenario di operatori in ordine sparso – e comunque non certo con conti in salute all'interno di un mercato in flessione come quello delle Tlc – il ruolo di Metroweb e soprattutto della Cassa Depositi e Prestiti (azionista assieme a F2i) è comunque visto come centrale nella prossima società che nascerà dallo scorporo della rete di Telecom Italia.
Va detto che l'argomento non è così scontato. Ne ha avuto prova proprio Gamberale che, rispondendo a una domanda in audizione, ha detto che l'ingresso di F2i diretto in Telecom non sarebbe stato possibile, al contrario della Cdp. Da qui la bacchettata arrivata dal presidente di Cdp Franco Bassanini: «A parlare è stato il cittadino Vito Gamberale». A chi gli ha poi parlato, Gamberale ha detto di aver posto il problema dello sviluppo degli investimenti nella rete di telecomunicazioni del Paese, non vedendo differenze tra un investimento diretto in Telecom e uno in una eventuale società della rete scorporata, ma ugualmente indebitata. Certo, proprio alcune slide distribuite in occasione dell'audizione fanno riflettere, soprattutto nella parte in cui anche graficamente viene sottolineato che in Deutche Telecom il 17,4% è di Kfw (la Cdp tedesca) e il 14,5% dello Stato Tedesco, così come in Orange il 13,5% è dello Stato e un'uguale quota è del fondo strategico di investimenti. Uno dei possibili scenari è poi quello di un modello più "aperto", in cui altri fondi di investimento, presso cui c'è assodato interesse, potrebbero partecipare, magari ambendo a una quotazione in futuro. Scenari possibili, ma visti ancora come lontani in un momento come questo in cui gli analisti vedono nelle mani del Governo e della politica il progetto per questa società chiamata a grandi investimenti (11 miliardi fino al 2020 secondo quanto detto a un convegno I-Com) soprattutto per l'Ngan.
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