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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2013 alle ore 19:20.

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Alberto Rui Costa (Afp)Alberto Rui Costa (Afp)

Niente da fare. Vince il portoghese Alberto Rui Costa, 27 anni, un buon corridore, ma di seconda fila come spesso accade in un mondiale. Un outsider che si fa beffe degli spagnoli Rodriguez e Valverde finiti scornati come in una comica finale di Stanlio e Olio quando ormai avevamo la corsa in pugno.

Chi invece può prendersela con i Sacri Dei del ciclismo, davvero poco generosi con lui, è il nostro Vincenzo Nibali. Le ha provate tutte, il capitano azzurro. Ma quando non è giornata, non è giornata. E anche la tenacia serve a poco. E' come sbattere contro un muro: si viene sempre respinti.

Nibali, la nostra punta di diamante, non si arrende nonostante la direzione ostina e contraria della fortuna. Sembra quella vecchia pubblicità di Ercolino sempre in piedi. Più la jella si accanisce, e più lui risponde colpo su colpo. Ad un certo punto, a circa 35 km dal traguardo, Nibali cade anche in una curva in discesa. Stava spiovendo, dopo tanta acqua da far spuntare i funghi sul circuito, ma tanto è bastato a farlo scivolar via come una saponetta. Uno scherzetto che gli costa un minuto, ma soprattutto una tremenda fatica per riagguantare il gruppo dei migliori.

Un gran numero, quello di Vincenzo, che gli permette all'ultimo giro di rigiocarsi le sue carte. Insieme Nibali c'e anche Michele Scarponi anche lui finito a gambe all'aria nella stessa curva. Una curva davvero sfigata che mette fuori combattimento anche Paolini, finito anzitempo ai box per contusioni varie.

Bene, siamo all'ultimo Giro. Con i nostri due pezzi da novanta in pole position. E difatti andiamo subito all'attacco con Scarponi che, a metà della salita di Fiesole, dà una gran sgommata. Il plotoncino de migliori si frantuma in tante scheggie e sulla scia di Scarponi restano solo Nibali, Rodriguez, Rui Costa, il colombiano Uran. Sembra fatta, un "quasi gol" come diceva Niccolò Carosio, il leggendario telecronista della Rai.

E invece, a circa 9 chilometri dal traguardo, nella discesa che riporta verso l'impennata di via Salviati, per Nibali le cose si rimettono male. Mentre Uran vola via come un birillo finendo la sua corsa contro il terrapieno, Rodriguez prende il largo lasciando il capitano azzurro in compagnia di Rui Costa e un altro spagnolo, Valverde, che era riuscito in extremis a riacciuffare il trenino dei fuggitivi.

Risultato: uno spagnolo, Rodriguez, in fuga. Un altro spagnolo, Valverde, avvinto come un‘edera a Nibali. E infine Rui Costa che può tranquillamente stare a guardare cosa fanno gli altri. Andate, andate avanti, che a me vien da ridere, pensa il portoghese, che in passato ha vinto un Giro della Svizzera e due tappe al Tour de France.

Per Nibali è come essere chiuso in gabbia, con la chiave buttata chissà dove.
E difatti Vincenzino, a parte qualche ultimo colpo di coda, deve rassegnarsi. Due spagnoli, entrambi più veloci di lui in caso di volata, sono davvero troppi. Pazienza. Il nostro capitano coraggioso, alla fine, molla il colpo e si accontenta del quarto posto. Ma la frittata, davvero da cuochi maldestri, la fanno i due spagnoli che, al posto di darsi una mano, finiscono per bruciare tutto. Il cuoco più imbranato è Valverde che al posto di tener d'occhio Rui Costa, sta incollato a Nibali, ormai chiaramente fuori dai giochi.
Il portoghese, che finora ha risparmiato energie, invece va a riprendersi Rodriguez, ormai anche lui con la benzina in riserva. Facile per Rui Costa bruciarlo sul traguardo e portarsi a casa questo mondiale alla fiorentina. L'unica consolazione, davvero magra, è che Rui Costa l'anno prossimo correrà in una squadra italiana, la Lampre. Di solito sono i nostri talenti a fuggire dall'Italia. Questo volta invece, vengono da noi. Di questi tempi, ci vuole un bel coraggio.

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