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Questo articolo è stato pubblicato il 02 ottobre 2013 alle ore 11:52.

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Un discorso, tanti messaggi

Occorre separare la questione giudiziaria di Silvio Berlusconi dalla vita e dell'attività di governo. E le sentenze vanno rispettate. Stop. Quello di Enrico Letta è un discorso sobrio, senza attacchi al leader storico del centrodestra e senza interferenze nel dibattito in corso nel Pdl se non per quell'appello finale al «coraggio» dei senatori e alla necessità di avere «fiducia».

Mentre parla, Letta sa che il rischio per lui non è quello di non farcela, ma di farcela troppo (Berlusconi, arrivando in Senato, risponde ai cronisti che lo interpellano "vediamo che cosa ci dice Letta"). Il premier appare ad ogni modo tranquillo, e il suo è una sorta di nuovo discorso di investitura: Letta ricorda con orgoglio le cose fatte fin qui respingendo le critiche di chi lo ha accusato di aver solo rimandato i problemi. «Questo governo ha gia' ridotto considerevolmente la pressione fiscale», dice rifererendosi anche alla cancellazione della prima rata dell'Imu. E poi la Legge di stabilità, con quella riduzione del costo del lavoro su lavoratori e imprese a cui il premier dà grandissima importanza (Letta ricorda anche il patto di Genova siglato da Confindustria e sindacati facendone di fatto una bussola per le prossime scelte di politica economica). E poi le riforme costituzionali e la legge elettorale per ridisegnare finalmente quel campo da gioco reso inagibile dal Porcellum e da un bicameralismo perfetto oramai vestusto. Infine un accenno alla necessita' di prendere in considerazione il problema dell'amnistia. Piccolo e unico filo...

Subito dopo il discorso di Letta il primo colpo di teatro: la notizia che il Pdl voterà la sfiducia. L'operazione storica, il vero obiettivo politico di Letta (e anche del Capo dello Stato) sembra all'improvviso a portata di mano: la parte moderata del centrodestra che lascia un Cavaliere ormai irrilevante al suo destino nella ridotta dei falchi e l'orizzonte temporale dell'intera legislatuta, ben oltre il semestre di guida italiana della Ue. Tanto che Letta, nella sua replica, ha anche la galanteria di ringraziare, quasi congedando, quanti hanno appoggiato il governo in questi primi mesi. Poi il secondo colpo di teatro: l'annuncio di Berlusconi in Aula del suo si' alla fiducia.

Chiaro che la patata bollente torna direttamente nelle mani di Letta e del suo Pd, che per qualche ora aveva accarezzato l'idea di liberarsi del nemico storico di sempre quasi senza colpo ferire, per autoimplosione del Pdl. «La fiducia si chiede a tutti - precisano a caldo da Palazzo Chigi -. Se poi qualcuno vuole darcela facendo una giravolta e rimangiandosi quanto detto il problema è suo».

Certo, con un Cavaliere ancora sulla barca governativa si allontana ora nel tempo il chiarimento interno al Pdl tra moderati e falchi. Il ventennio berlusconiano non è ancora ufficialmente finito, come in queste ore aveva sperato il premier. Ma con gli eventi degli ultimi giorni Berlusconi ha perso il timone dei suoi e non è più in condizioni di dettare l'agenda al governo né di condizionarne il percorso: i numeri non ce li ha, e la giravolta di oggi è lì a dimostrarlo. E questo a Letta, per ora, può bastare.

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