Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2013 alle ore 18:26.

My24
Natalino Ronzitti (Imago)Natalino Ronzitti (Imago)

Già fatto. Ma con scarso successo. Il ministro Alfano chiede di superare il regolamento di Dublino sulla gestione delle richieste d'asilo in quanto affida «tutto il carico all'Italia, é del tutto burocratico e va urgentemente superato». E la Commissione europea replica: in passato abbiamo proposto un sistema per condividere le operazioni di gestione dei richiedenti asilo in modo da evitare che il carico pesi solo sul paese di arrivo dei migranti ma una vasta maggioranza dei paesi al Consiglio Ue si sono espressi contro. Con la conseguenza che un sistema europeo comune di asilo rimane ad oggi un miraggio.

Natalino Ronzitti, docente di diritto internazionale alla Luiss, quel tentativo lo ricorda bene: «Si tratta di un regolamento del Parlamento europeo e del consiglio del 26 giugno scorso. Prevede che qualsiasi Stato membro dell'Unione europea possa essere competente nella valutazione della richiesta di asilo, avanzata da un migrante che entra in maniera clandestina nel territorio di uno Stato comunitario. Non è ancora operativo. Stanno cercando di individuare dei criteri comuni...».

Professore, crede che si possa far ripartire la trattativa?
Il problema è capire qual è l'obiettivo finale, come si possa di fatto ripartire la responsabilità nella gestione dei flussi migratori tra i diversi Stati membri. In passato si è pensato di prevedere delle deroghe agli accordi di Schengen, ma non ha funzionato.

Che fare?
Credo che per affrontare l'emergenza attuale non basti guardare al diritto internazionale e alle regole comunitarie per la gestione dei flussi. È opportuno che intervenga la politica. La soluzione potrebbe essere quella di creare uffici delle Nazioni Unite o dell'Unione europea nei Paesi di partenza dei migranti, nel Nord Africa, in modo da vagliare le domande dei richiedenti asilo direttamente sul posto, prima che si mettano in mare.

Ma in molti Paesi le condizioni di sicurezza sono minime...
È proprio per questo motivo che deve intervenire la politica. Prima di tutto vanno stabilizzate le aree di crisi. Mi rendo conto che non è questa un'operazione che si possa fare dall'oggi al domani, ma almeno si inizi!

Quali soluzioni sono state adottate fino ad oggi?
Quando in Libia c'era ancora Gheddafi abbiamo concluso degli accordi di riammissione dei clandestini provenienti da quel Paese. Una volta sbarcati sulle nostre coste, queste persone venivano riportate a Tripoli. Poi la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha condannato l'Italia e l'ha accusata di effettuare espulsioni collettive.

In questa situazione gli stati marittimi hanno le loro responsabilità...
Pensi ad esempio a Malta, che mantiene nel Canale di Sicilia un'ampia zona di soccorso e salvataggio. Una soluzione che le consente di estendere la sua zona di esclusivo interesse economico, e di garantirsi contro eventuali pretese italiane. La Convenzione di Montego Bay, quella delle Nazioni unite sul diritto del mare, sancisce l'obbligo di salvare la vita umana in alto mare. O Malta interviene quando deve farlo, o riduce la sua zona di soccorso.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi