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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2013 alle ore 12:37.

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Uno dei superstiti della strage di Lampedusa arriva all'Ospedale civico di Palermo (Ansa)Uno dei superstiti della strage di Lampedusa arriva all'Ospedale civico di Palermo (Ansa)

LAMPEDUSA - Pensavano si trattasse di gabbiani. Voci in sottofondo che a tratti si facevano più forti. Erano lì, a Lampedusa, nei pressi dell'isola dei Conigli, in quel pezzo di mare straordinario che viene chiamata la Tabaccara dalla sera prima. In otto sulla Ganar, un'imbarcazione da diporto: il mare era calmo come una tavola e loro avevano deciso di fare una «notturna». Era stata una sera tra amici, tranquilla. Nulla faceva presagire il dramma. Alle 5 del mattino uno di loro ha segnalato i suoni strani, che a tratti di facevano più forti e intensi.

È stato a quel punto che Marcello Nizza, uno degli otto sulla barca, ha provato a capire un po' meglio quello che stava accadendo, anche perché le voci si facevano più forti e insistenti quando si sentiva in lontananza il passaggio di un'imbarcazione. «Siamo usciti dalla Tabaccara e abbiamo visto il mare pieno di teste, corpi con le mani alzate. Era l'alba e abbiamo dato il primo allarme». Marcello, in vacanza per qualche giorno a Lampedusa, ricostruisce i momenti drammatici, l'ansia, il precipitare delle situazione: «Abbiamo cominciato a tirare su le persone. Eravamo in otto e tutti con gli occhi aperti: alla fine avevamo caricato 47 persone e la nostra barca era stracolma e veramente in pericolo». È lui, Marcello, che per esempio si è tuffato sette o otto volte per afferrare qualcuno e portarlo sotto la barca affinché potessimo tirarlo su. Abbiamo tentato di dare a quelle persone dei vestiti asciutti, alcuni di loro si vergognavano, ci stringevano le mani, ci dicevano grazie, grazie.

Salivano e chi, tra i salvati, parlava un po' di inglese continuava a ripetere: bambini, donne, donne incinte. «Ma noi non abbiamo visto né bambini, né donne». Nel frattempo i diportisti hanno avvisato anche i pescatori e poi sono arrivati anche i mezzi di soccorso della Guardia costiera. Del barcone nemmeno l'ombra: «Ci hanno raccontato dopo - dice Marcello - che erano in acqua da almeno tre ore, che avevano acceso il fuoco per attirare l'attenzione e che dopo l'incendio si erano riversati sul lato del barcone che a quel punto si è rovesciato». Travolgendoli tutti. Dopo l'allarme dal porto di Lampedusa è uscito chi poteva dare una mano: «Tutte le barche dei pescatori erano in acqua - ripete Marcello -. No, cadaveri non ne abbiamo visti. Poi abbiamo saputo che un peschereccio ne aveva tirati su tre». Una mobilitazione non priva di qualche contraddizione che smentisce l'orario ufficiale fornito dalla Guardia costiera sull'ora dell'allarme: «Noi abbiamo dato l'allarme tre volte - dice Marco - ma i soccorsi dei mezzi della Guardia costiera sono arrivati dopo tre quarti d'ora».

Vento forte, ricerche sospese
A causa del forte vento e del mare agitato, a Lampedusa sono state sospese le ricerche degli altri cadaveri dei migranti morti ieri. Le ricerche riprenderanno appena le condizioni meteo-marine miglioreranno.

30 vittime in cimitero Agrigento, altri in vari comuni
I corpi finora recuperati delle vittime della tragedia di Lampedusa nei prossimi giorni saranno trasferiti nei cimiteri di vari comuni della Sicilia che hanno dato la propria disponibilità ad accogliere le spoglie. I luoghi per la sepoltura sono stati già individuati, 30 corpi saranno sepolti nel cimitero di Agrigento. Lo ha spiegato il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini durante una conferenza stampa.

Crocetta: creiamo cimitero per i caduti del mare
"Con l'assessore al territorio stiamo studiando la realizzazione di un cimitero in Sicilia dove saranno accolte le vittime delle tragedie dell'immigrazione. Daremo loro una sepoltura rispettando la dignità e il credo di ciascuno". L'ha detto il presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, a Lampedusa.

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