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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2013 alle ore 08:51.

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La prossima volta non rispondere se dall'altra parte c'è Obama: è il consiglio non troppo velato della Guida suprema Ali Kahmenei ad Hassan Rohani. Pur sostenendo l'apertura agli Usa, il lìder maximo dell'Iran, che ha l'ultima parola sulle strategie di Teheran, giudica «inappropriati» alcuni aspetti del viaggio all'Onu ed è pessimista sull'America. Una storia, del resto, può cominciare con una telefonata ma una telefonata non cambia la Storia: ieri abbiamo avuto un'altra prova di una diffidenza rancorosa che dura da 34 anni con l'ennesimo botta e risposta tra duellanti.
Obama ha replicato nel giro di poche ore a Khamenei. «All'Iran manca poco più di un anno per l'atomica e si tratta di una stima più cauta di quella israeliana», ha dichiarato all'Associated Press, aggiungendo che «il mondo deve testare se Rohani è serio: ci aspettiamo che possa dare seguito alle sue parole», sottolineando che è la Guida a decidere.
«Siamo ottimisti sulla capacità dei nostri diplomatici - aveva ironizzato Khamenei parlando all'Accademia aeronautica - ma pessimisti sugli americani». Il suo scetticismo è radicato. Lui stesso racconta che nell'87, da presidente, si recò all'Onu e un diplomatico europeo gli chiese di risolvere i problemi con Washington: «Impossibile, sono venuto per parlare al mondo non agli Stati Uniti». Eppure questo ayatollah, nato nel 1939 a Mashad e diventato un seguace di Khomeini, presidente dall'81 all'89 prima di succedere all'imam, non è un politico irrazionale. «Quando nel '79 gli studenti occuparono l'ambasciata Usa sequestrando gli ostaggi io e Khamenei stavamo alla Mecca: fummo sorpresi dalla notizia perché non eravamo d'accordo», raccontava tempo fa Rafsanjani. Solo in seguito i due si adeguarono alle direttive di Khomeini.
Ali Khamenei non ha rimproverato direttamente Rohani, che ha scelto come negoziatore con l'Occidente, ma alla Guida non piace che gli venga forzata la mano. La sua è stata anche una reazione alla rassicurazione di Obama a Netanyahu: «Con l'Iran tutte le ozpioni sono aperte, compresa quella militare».
Prima di spedire Rohani a New York, Khamenei aveva parlato di «eroica flessibilità», indicando la sua disponibilità a trattare. Ma la duttilità della Guida suprema ha dei limiti, tracciati non dalle anime belle dei riformisti frequentati dagli occidentali ma dai "falchi" del regime come i Pasdaran. Lo si poteva intuire leggendo giorni fa l'editoriale di "Kayhan", diretto da Hussein Shariatmadari, consigliere di Khamenei, che ha definito «sconfortante» la telefonata di Obama, «interpretata come una capitolazione e un segnale di debolezza dovuto alle sanzioni». Un equivoco che la Guida vuole evitare.
L'Iran negozia a modo suo e Khamenei ha due buoni motivi per non piegarsi facilmente. Intende dimostrare che l'Iran non ha nessun atteggiamento arrendevole sul negoziato nucleare che riprende il 15 ottobre a Ginevra. E all'interno invia un messaggio all'ala dura, il nucleo militante di un regime che ha reagito con irritazione alla svolta diplomatica.
«Per l'America sarebbe ingenuo pensare che l'Iran stia negoziando da una posizione di debolezza», scrive sul New York Times l'accademico persiano Vali Nasr, ex consigliere del dipartimento di Stato. Al contrario, l'Iran è uscito dalla primavera araba meglio dei suoi rivali e la crisi siriana lo ha paradossalmente rafforzato, dimostrando che è uno dei pochi Stati della regione capace di fare la guerra fuori dai suoi confini.
L'Iran non si vede come un Paese vinto. Il suo sistema politico è ancora il più saldo del Medio Oriente e le ultime elezioni si sono svolte senza proteste mentre a Istanbul e al Cairo le piazze si incendiavano. La speranza che la Turchia e gli alleati arabi dell'America avrebbero formato un'alleanza per isolare l'Iran non si è avverata. Anzi, sono sempre più divisi su cosa fare in Egitto e in Siria. Certamente quello che andrà alle trattative di Ginevra è un Iran dal doppio volto, pragmatico e intransigente: ma anche Obama al Congresso ha i suoi falchi, che propongono nuove sanzioni contro Teheran. E per avere successo il negoziato non può essere basato sulle minacce ma sul compromesso e le reciproche concessioni.
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BOTTA E RISPOSTA CON OBAMA
Il discorso dell'ayatollah
In un discorso tenuto ieri la Guida suprema iraniana, Ayatollah Ali Khamenei, ha dichiarato di sostenere lo sforzo diplomatico del governo, «incluso il viaggio a New York». Anche se - ha aggiunto - «qualcosa di ciò che è accaduto» all'Onu «è inappropriato, perché il governo americano è inaffidabile, egocentrico e non mantiene le promesse»
L'intervista di Obama
Il presidente americano, intervistato dall'Associated Press, dopo aver sottolineato che «all'Iran manca poco più di un anno per l'atomica», ha espresso apprezzamento per Rohani, con l'avvertenza che bisognerà vedere se potrà dar seguito alle sue parole.
La federazione calcio Usa, intanto, in segno di distensione ha invitato la nazionale iraniana a giocare una amichevole

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