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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2013 alle ore 06:42.

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ROMA
Non è decollato il piano di salvataggio pubblico dell'Alitalia-Cai con l'intervento delle Ferrovie dello Stato. Una soluzione alla gravissima crisi finanziaria della compagnia aerea non c'è ancora. Oggi si farà un nuovo tentativo in una riunione in mattinata a Palazzo Chigi, dopo quella di ieri sera. È prevista anche una seduta del consiglio di amministrazione Alitalia nel pomeriggio. A questo punto, è più vicina l'ipotesi che sia Air France-Klm ad assumere il controllo di Alitalia nel prossimo aumento di capitale.
Le Fs non hanno partecipato al vertice con il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il presidente di Alitalia Roberto Colaninno e l'a.d. Gabriele Del Torchio, le due maggiori banche creditrici (Federico Ghizzoni per Unicredit e Gaetano Miccichè per Intesa Sanpaolo), l'a.d. di Atlantia Giovanni Castellucci. C'erano anche i ministri dello Sviluppo Flavio Zanonato e dei Trasporti Maurizio Lupi, considerato sostenitore dell'ingresso delle Fs nel capitale anche se ieri sera ha detto che il Governo «non l'ha mai proposto».
L'a.d. delle Fs, Mauro Moretti, avrebbe incontrato da solo Letta, ma prima del vertice con Alitalia. Non si sa cosa si sarebbero detti, ma si conoscono le condizioni che l'ingegnere riminese, confermato a capo delle Fs in agosto, aveva già posto un anno fa per un'ipotetica integrazione tra treno e aereo: tagli a molte rotte nazionali e affidamento dei voli interni a una compagnia low cost, sviluppo dei voli internazionali e intercontinentali, mano libera nella gestione, no ad accollarsi i debiti.
Il premier vedrebbe come via d'uscita dalle difficoltà un'integrazione di Alitalia con Air France-Klm. È ciò che si otterrebbe se l'aumento di capitale programmato venisse sottoscritto solo da pochi soci e tra questi c'è Air France-Klm, che rafforzerebbe la sua quota ad almeno il 51 per cento.
Resta da capire se ci sarà un coinvolgimento dello Stato nell'«accompagnare» Alitalia in una manovra da 500 milioni, tra ricapitalizzazione e rifinanziamento bancario. Non è stato individuato quale potrebbe essere il soggetto pubblico coinvolto, Cdp e Fs si sono chiamate fuori. Letta non avrebbe escluso una generica disponibilità dello Stato a sostenere questo percorso, si parla anche di sottoscrizione di obbligazioni o del prestito convertibile: dopo i Monti bond per Mps ci sarebbero dunque i Letta bond per Alitalia?
Il premier avrebbe posto un paletto, cioè che per valutare un aiuto (o aiutino) pubblico i soci di Alitalia devono fare la loro parte nell'aumento di capitale. Ma proprio questo è il problema di fondo, ha fatto notare l'a.d. dell'Eni, Paolo Scaroni: «Non possiamo certo aumentare il fido ad una società il cui futuro non ci dà sicurezza. Se non riscuote la fiducia degli azionisti non possiamo tenerla in vita noi con il carburante».
Sono solo una manciata i soci di Alitalia (su 21) disponibili a ricapitalizzare la compagnia, oltre a Air France-Klm, ci sono il gruppo autostradale Atlantia che ha l'8,85% e l'Immsi di Colaninno con la stessa quota. I Benetton, che controllano Atlantia e sono i maggiori azionisti di Aeroporti di Roma, temono che il sopravvento di Air France nell'azionariato possa portare a un ridimensionamento della presenza di Alitalia a Fiumicino: secondo indiscrezioni, Atlantia potrebbe sottoscrivere anche quote inoptate di altri soci se si troverà un accordo complessivo. Un altro azionista, Intesa Sanpaolo con il 10%, non ha mai chiarito in pubblico se sottoscriverà la ricapitalizzazione, pur avendo votato a favore nel cda del 26 settembre con Miccichè.
Si potrebbe ipotizzare un tentativo di accordo tra Atlantia, Air France-Klm, Colaninno e l'eventuale intervento dello Stato, gradito alle banche per dare più solidità all'Alitalia e richiesto da alcuni azionisti (e creditori) per bilanciare la presenza del socio francese.
Letta ha detto a Sky: «in Europa ci sono tre compagnie», Air France-Klm, Lufthansa e i suoi satelliti, il gruppo Iag (British Airways-Iberia). «Queste tre compagnie – ha osservato il premier – sono il mercato europeo, non possiamo stare soli come si è fatto nel 2008 sbagliando. Oggi stiamo pagando quelle scelte».
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