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Questo articolo è stato pubblicato il 10 ottobre 2013 alle ore 08:23.
A Nord di Gomorra c'è un nome che non ti aspetti: Aprilia, in provincia di Latina ma a soli 40 km da Roma. Da queste parti le mafie corrono più veloci delle omonime moto e non hanno bisogno di due ruote. A loro basta il cemento.
Non c'è da stupirsi. Frank Coppola "tre dita", leggendario boss siciliano braccio destro di Lucky Luciano, veniva a curarsi ad Aprilia negli anni Sessanta. Doveva fare pochi passi: era in confino a Pomezia.
Con il suo arrivo fu l'inizio della fine. Ad Aprilia e in tutta la provincia di Latina vennero spediti negli anni i Casalesi, i boss di camorra delle famiglie La Torre, Alfieri, Moccia. E con loro, in provincia, arrivarono i Bardellino, ancora attivi, Schiavone e via di questo passo.
Fu poi la volta delle famiglie di 'ndrangheta: Tripodo, Pesce, Bellocco, Alvaro e così via. Oggi le cosche mafiose presenti sono almeno 20 ma il calcolo è per difetto. Tutta la provincia, per il suo inatteso sviluppo economico e sociale, è sotto tiro delle mafie. Gli attentati e le intimidazioni contro gli imprenditori e i commercianti, hanno viaggiato anche al ritmo di due al giorno. Quelli contro le istituzioni si sprecano e l'omertà è la nuova parola d'ordine in questa ex oasi felice dell'agro pontino bonificata 75 anni fa dalla solerzia e dalla dedizione di mani friulane, venete ed emiliano-romagnole.
È Aprilia, ex Venere feconda dell'area, a smuovere i maggiori appetiti di camorra e 'ndrangheta che, nel frattempo, hanno raggiunto la pace nel nome degli affari.
Il business si chiama edilizia. Il ciclo del cemento, del resto, si presta come nessuno al riciclaggio del denaro sporco. L'allarme arrivò da chi, sul territorio, rappresenta lo Stato: l'ex questore di Latina, Nicolò D'Angelo.
Nella seduta della Commissione parlamentare sui rifiuti del 25 maggio 2010, il cui oggetto erano proprio le attività illecite connesse al traffico dei rifiuti nel Lazio, il questore, incalzato dal parlamentare Antonio Rugghia che evidentemente aveva intuito che bisognava spostare il tiro, parla senza reticenze dei nuovi rischi.
«Credo che il problema riguardi la speculazione edilizia – afferma – e in particolare immobiliare. Dobbiamo fare i conti della spesa e capire quali sono le aziende e qual è l'indotto attraverso il quale, dal punto di vista economico, una città o una provincia sale di livello. Lì non ci sono grosse aziende o un grosso indotto economico ma la guerra del mattone. Alla fine sono queste le cose che contano. Noi abbiamo monitorato attentamente le famiglie».
Insomma nel nome del mattone – ad Aprilia fino a poco tempo fa era abusivo il 40% degli immobili – la pace è certa e l'ex questore, a domanda di Rugghia, rispose che «rapporti conflittuali non ne sono emersi. Se ci fossero stati avremmo avuto indubbiamente dei sentori molto più chiari». Una pace che durerà eccome, viste le prospettive di crescita di questa città che nel 1991 aveva 47mila abitanti. Venti anni dopo ne ha ufficialmente 70mila e che nell'ultimo decennio è cresciuta del 24%, mentre la provincia è salita in media del 12%. Lo stesso questore azzardò una previsione: 100mila abitanti a breve, vista anche la vicinanza con la capitale e la facilità dei collegamenti.
Non solo quartieri nuovi ma anche commercio e negozi, altro straordinario volano del riciclaggio. Per queste e altre denunce l'allora questore, per la prima volta nella storia di questa provincia, insieme all'ex capo della Squadra mobile Cristiano Tatarelli e a due ispettori del commissariato di Formia, l'8 settembre 2010 si videro recapitare una busta con proiettili e minacce.
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