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Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2013 alle ore 10:48.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2013 alle ore 13:28.
Nessuno è intoccabile, nemmeno Paul Pogba. Arriva da Londra l'ultima stoccata al calcio italiano. A firmarla, il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, in visita nella City per partecipare al convegno "Leaders in football". Ecco le parole che non faranno certo piacere al popolo bianconero e, più in generale, agli appassionati del calcio di casa nostra: «Se ci venisse fatta una grande offerta per un giocatore di punta come Pogba, non saremmo in grado di convincerlo a restare alla Juve. Non abbiamo abbastanza forza economica per trattenerlo». Chiaro e netto. Definitivo e per certi versi drammatico.
La Juve soffre della stessa malattia che ormai da tempo lascia senza fiato il pallone tricolore. Non ci sono soldi. Meglio, ce ne sono pochi, troppo pochi, in confronto a quelli che si trovano nelle casse delle società che dettano legge in giro per il mondo.
Quaranta milioni o giù di lì e Pogba potrebbe salutare a fine stagione Torino per dire sì a una delle tante grandi d'Europa che sarebbero felicissime di consegnargli la propria maglia. I nomi, quelli di sempre: Real Madrid, Psg, Chelsea, Bayern Monaco, Manchester City, tanto per citare i club dal portafogli più gonfio. Nulla di nuovo, si dirà. Perché è da almeno un lustro che il calcio italiano gira all'estero le sue stelle più lucenti per sistemare i conti e continuare a sopravvivere.
Spiegava un mesto Adriano Galliani nel giugno del 2011: «Se ti cresce in casa un Messi risparmi i soldi del cartellino, ma se poi non puoi concedergli gli ingaggi che danno in Spagna lo devi lasciar andare. Finiremo come Ajax, Benfica e Celtic che una volta vincevano la Coppa Campioni e ora no». Sono passati due anni e nulla è cambiato. Da capofila del soccer continentale, traino e riferimento di un intero movimento per possibilità e prospettive, il pallone made in Italy si è sgonfiato così tanto da far venire i lacrimoni pure agli avversari. Che quasi non credono alla gioia di potersi permettere il lusso di fare la spesa in Serie A.
Agnelli ricorda e rilancia: «Fino a qualche anno fa la Serie A rappresentava un sogno per tutti i calciatori del mondo. Quando studiavo in Inghilterra, ovunque si parlava di Serie A: in tv trasmettevano le partite in diretta. La Premier non era quello che è oggi, ora è una vera potenza. Anche il calcio tedesco, grazie al gran lavoro della Federazione, ha trovato il successo organizzando i Mondiali e costruendo nuovi stadi». E mentre altrove procedevano a passo spedito, in Italia si teorizzava il ballo del mattone. Ha detto ieri da Londra il presidente bianconero: «La Serie A ha fatto pochissimo. La Juve ha compiuto un passo in avanti con lo Stadium, che genera 40 milioni di entrate all'anno. Qui allo Stamford Bridge (ndr, lo stadio di proprietà del Chelsea) si incassa tra 80 e 90 milioni e questo è il target che ho in mente. Dovremmo essere in grado di raddoppiare le entrate generate dallo stadio. L'attuale situazione economica e il fatto che la concorrenza applica prezzi molto bassi non ci facilitano le cose. Più in generale a livello calcistico l'Italia non è più la meta prediletta, ma vive una fase di transizione. Pensiamo a quanto è successo al Milan che ha dovuto cedere Ibrahimovic e Thiago Silva. Puoi cercare di attrarre questi giocatori quanto vuoi, ma quello che conta più di ogni altra cosa è il potere economico».
Pogba come Ibrahimovic, Thiago Silva, Cavani e tanti altri. La Serie A forma e alleva, poi sistema la vetrina e aspetta la chiamata. Perché fare calcio dalle nostre parti costa tanto e rende poco. A causa di modelli organizzativi superati e di una gestione del prodotto sportivo che fa acqua da tutte le parti.
E allora, vale la regola del buon senso che hanno seguito negli ultimi anni i club più titolati nei giorni del calciomercato: prima si vende, poi si compra. Galliani ne ha fatto una bandiera, un refrain da spendere spesso e volentieri per rispondere alle domande dei giornalisti in cerca di nomi da suggerire ai tifosi. Per capire come stanno le cose è sufficiente dare un'occhiata alle colonne arrivi e partenze dell'ultima campagna trasferimenti. Tra tutti i giocatori che hanno raggiunto nelle ultime settimane il campionato italiano, soltanto tre hanno reso necessario un investimento superiore ai 15 milioni di euro: Gonzalo Higuain (37 milioni), Mario Gomez (15,5) e Kevin Strootman (16,5). Di contro, sono cinque i campioni che hanno fatto il percorso in senso contrario: Erik Lamela (30), Pablo Osvaldo (15), Marquinhos (31), Stevan Jovetic (26) e Edinson Cavani (65). All'estero chiamano e dall'Italia rispondono con il sorriso e la mano tesa. Nessuno è intoccabile, nemmeno Paul Pogba.
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