Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 11 ottobre 2013 alle ore 06:43.

My24


MILANO
Il ministro dell'Integrazione Cécile Kyenge tira dritto e, senza commentare il dietrofront di Grillo sull'emendamento approvato dal M5S in commissione Giustizia al Senato, annuncia l'intenzione di completare l'eliminazione del reato di clandestinità: «Abbiamo iniziato un percorso, il Governo prosegue in questa direzione». Primo passo di un progetto lungo, ha spiegato il ministro ieri a Milano per la presentazione del rapporto annuale della Fondazione Leone Moressa sull'economia dell'immigrazione, nel quale rientrano anche altre misure approvate dal Governo mercoledì come i 330 milioni destinati alla rete Spra a favore dei richiedenti asilo.
Per evitare in futuro tragedie come quella di Lampedusa, ha proseguito il ministro «dobbiamo cambiare le norme sull'asilo, che è il punto principale per dare una risposta alle persone morte sulle nostre coste, in fuga da zone di conflitto. Abbiamo iniziato con il recepimento di alcune direttive europee sull'asilo, ma un risultato l'avevamo già ottenuto facendo equiparare la durata del permesso dei rifugiati a quello dei lungosoggiornanti di orgine comunitaria. Dobbiamo rafforzare ulteriormente tutte le politiche di accoglienza. E poi rispondere anche a un'altra emergenza, quella dei minori non accompagnati».
La presentazione del rapporto della Fondazione Leone Moressa – che contiene uno spaccato del profilo economico e fiscale dei 2,3 milioni di lavoratori immigrati in Italia (il 10,1% del totale degli occupati) che nel 2011 hanno contribuito con 6,5 miliardi di Irpef (il 4,3% del totale imposta netta) – ha offerto al ministro anche lo spunto per evidenziare la distinzione tra i rifugiati e gli immigrati per motivi economici. «In questi giorni si è fatta molta confusione, mentre è importante che l'emergenza sulle coste del Mediterraneo non faccia dimenticare il fenomento strutturale dell'immigrazione economica. Perché chi lavora in Italia, e soprattutto chi perde il lavoro in questo periodo di crisi, va tutelato con uno status giuridico che dia un giusto riconoscimento dei suoi diritti».
La crisi non ha guardato in faccia nessuno. E molti immigrati sono tornati a casa: secondo il rapporto Moressa nel 2011 le comunità più numerose a invertire la rotta sono state quelle rientrate in Romania (7.700), Marocco (1.760), Cina (1.670) e Albania (1.525). In totale se ne sono andati 32mila immigrati, con un danno per le casse dello Stato italiano pari a 87 milioni di Irpef versata in meno.
Sempre la crisi ha modificato la composizione del mercato del lavoro, aumentando la disoccupazione tra gli uomini stranieri nella manifattura e nell'edilizia (tra il 2008 e il 2012 i disoccupati stranieri sono aumentati di 221mila unità, colpendo in primo luogo le comunità marocchine ed egiziane), mentre il settore che ha continuato a crescere è stato quello del lavoro femminile domestico, appannaggio soprattutto delle badanti filippine, polacche e moldave.
A margine del convegno, e a proposito della Bossi-Fini: «non si può pensare che la tragedia di Lampedusa dipenda da una causa. Si tratta di un fenomeno complesso – ha sottolineato il ministro Kyenge –: ci sono diverse responsabilità europee, nazionali e internazionali. Parlare di una causa sarebbe ridurre il problema». La legge va cambiata: «I punti però devono essere condivisi per coinvolgere tutti perché parte di un programma molto ricco e partecipato».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi