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Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2013 alle ore 21:06.
L'ultima modifica è del 17 ottobre 2013 alle ore 22:21.

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I viaggi negli Stati Uniti non portano bene al presidente del consiglio Enrico Letta. Mentre il premier promuoveva il cambio di passo dell'Italia davanti alla comunità finanziaria di Wall Street, a Roma Berlusconi ordinava ai ministri Pdl di dimettersi. Oggi incontro di Letta con Obama, che ne tesse le lodi riconoscendogli «integrità e leadership», e in Italia vanno in scena l'addio di Mario Monti a Scelta Civica, ma soprattutto l'ipotesi di dimissioni del viceministro dell'Economia, il pd Stefano Fassina.

A Palazzo Chigi sono in allerta per una defezione che potrebbe rompere gli equilibri su cui si regge l'esecutivo. Sul tavolo di Letta non è ancora arrivato nulla di ufficiale. Anche se il premier ha ovviamente tenuto i contatti con Roma in queste ore. Dagli Stati Uniti il capo del governo, senza fare alcun riferimento esplicito alle notizie circa le imminenti dimissioni di Fassina, ha comunque deciso di posporre «i problemi di politica interna». «Ne parlo domani», ha aggiunto. In ogni caso, ha spiegato Letta, quella intrapresa dal Governo «è la strada giusta che io intendo continuare a percorrere».

Che le tensioni nel governo delle larghe intese esistano e non siano limitate al Pdl lo ha confermato anche il segretario del Pd, Guglielmo Epifani. «Non credo che sia a causa della legge di Stabilità (varata martedì sera in consiglio dei ministri e attesa al vaglio del Parlamento, ndr). Fassina però lamenta la mancanza di collegialità. Credo abbia ragione». Epifani lo ha detto rispondendo ad una domanda del Tg5.

In realtà, secondo le indiscrezioni riportate dal sito HuffingtonPost, il numero due dell'Economia, che vorrebbe spiegazioni da Letta e ne attende il ritorno dagli Stati Uniti, non ha digerito il ruolo di secondo piano avuto nella stesura della legge di stabilità, che ha poi duramente criticato la filosofia dei tagli alla spesa pubblica. «Non si deve tagliare. Si deve riqualificare e riallocare la spesa» e, piuttosto, cercare i 50 miliardi che servono a rilanciare l'economia con una «Maastricht dell'evasione fiscale».

«Abbiamo tutta la parte della popolazione che sta peggio alla quale la finanziaria non dà l'attenzione necessaria», aggiunge Epifani,«Le modifiche più urgenti sono quelle sulla parte relativa al sociale: indicizzazione pensioni, fondi per i non autosufficienti, intervento per le disabilità».

«Viviamo ore di angoscia per le voci incontrollate sulle possibili dimissioni del ministro Fassina - ha dichiarato non senza ironia il deputato del Pd Ernesto Carbone. Temo che il Nasdaq stia per crollare. Forse, però, il diretto interessato dovrebbe chiarire questa incresciosa situazione. Dunque, quando vuole, anche con un tweet, ci faccia sapere come stanno le cose».

Il fatto è che piace a pochi, nel Pd, la legge di stabilità. Oltre a Epifani e Fassina, Cesare Damiano chiede «correttivi» mentre Matteo Renzi tace, anche se parlando con i suoi si capisce che si tratta soprattutto di un silenzio «per carità di patria»: il sindaco avrebbe spiegato di non voler assolutamente fare il «controcanto» al governo, anche alla luce delle polemiche che in passato sono scoppiate quando è intervenuto sulle misure dell'esecutivo. Del resto, aggiunge un renziano, «ci sono già le altre aree del Pd a parlare...».

Letta, dagli Usa, si limita a dire «parlerò domani». Francesco Boccia, fedelissimo del premier e presidente della commissione Bilancio, lascia intendere che ci sarà spazio per correzioni: «La legge di stabilità del governo è la base di partenza che possiamo rafforzare in Parlamento», anche se «certamente non è più tempo di pretendere che non si tocchi la spesa e al contempo si riducano le imposte».

Solo Pier Luigi Bersani cerca di calmare gli animi («è migliorabile, ma certi giudizi sono ingenerosi»), come pure Andrea Martella: «La legge di stabilità va nella giusta direzione». Di fatto, il governo in Parlamento dovrà trovare il modo di tenere a bada la propria maggioranza. Il giudizio di Epifani di stasera non è piaciuto a palazzo Chigi, ma la convinzione è che si tratti di una concessione all'ala più insofferente del partito e alla Cgil.

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