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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2013 alle ore 10:59.
L'ultima modifica è del 19 ottobre 2013 alle ore 11:03.

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Due anni di interdizione dai pubblici uffici per Silvio Berlusconi. È la richiesta che la procura generale ha avanzato questa mattina nel corso dell'udienza chiesta dalla Cassazione per ridefinire il periodo di interdizione dell'ex premier condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione per frode fiscale. La difesa ha invece chiesto il minimo della pena (un anno) ma ha anche chiesto alla Corte d'appello di sollevare presso la Consulta la questione di costituzionalità dell'articolo 13 della legge numero 74 del 2000 nella parte in cui prevede che non si applicano le pene accessorie previste dall'articolo 12 se è intervenuta un'adesione all'accertamento fiscale.

L'avvocato Niccolò Ghedini ha infatti spiegato che, per chiudere il contenzioso con il Fisco, Mediaset ha recentemente presentato domanda di adesione all'accertamento dell'Agenzia delle Entrate che aveva contestato il mancato pagamento di imposte nella vicenda dei diritti tv per la quale Berlusconi è stato condannato. Secondo Ghedini, nella sentenza di condanna dell'ex premier, la Cassazione ha stabilito che negli anni successivi a quelli per i quali è stata accertata la sua responsabilità, Berlusconi non aveva nessun potere decisionale all'interno di Mediaset. Ma poichè una delle conseguenze dell'adesione all'accertamento fiscale è la decadenza delle pene accessorie, Ghedini ha sostenuto che si è in presenza di una disparità di trattamento tra i dirigenti Mediaset, che con l'adesione evitano la condanna all'interdizione dai pubblici uffici, e Berlusconi, che invece non puo' farlo non avendo avuto piu' un ruolo decisionale nell'azienda. Di qui la decisione di sollevare la questione di costituzionalità. L'avvocato Ghedini non ha precisato quando Mediaset ha presentato la richiesta di adesione.

Un'altra contestazione presentata dalla difesa è quella relativa alla legge Severino, che prevede in caso di condanna l'interdizione e l'incandidabilità per un periodo fisso di sei anni. Ghedini ha quindi sostenuto che, poichè il Senato ha stabilito che la legge è in vigore, si è verificata una duplicazione di pene per lo stesso reato: i sei anni previsti dalla Severino e la pena da uno a tre anni prevista dall'articolo 12 della legge del 2000 sui reati fiscali. La sentenza della Corte d'Appello è attesa attorno alle 11.30.

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