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Questo articolo è stato pubblicato il 20 ottobre 2013 alle ore 09:14.

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NAPOLI
Forti preoccupazioni e grande pessimismo sono diffusi nella platea dei Giovani imprenditori riunita a Napoli per il XXVIII convegno annuale (quest'anno per la prima volta fuori dalla sfarzosa cornice dell'hotel Quisisana e di Capri) e intitolato provocatoriamente "Diamoci un taglio".
Taglio netto con il passato, chiedono gli imprenditori del Nord, del Centro e del Sud. Christian Ostet, vice presidente Giovani imprenditori di Genova, ha 39 anni ed è ad della immobiliare LandCo Property srl. «Molti progetti di sviluppo immobiliare sono bloccati dalle burocrazie territoriali. Accade ovunque in Italia. Non si può più rimandare la sburocratizzazione per consentire a noi di investire e per attrarre capitali dall'estero».
Alla voce di Ostet aggiunge la sua Mario Giustino, 35 anni, impegnato anch'egli nelle attività (costruzioni e immobiliare) del gruppo di famiglia, oggi anche uno dei responsabili degli Organi tecnici dei Giovani imprenditori di Confindustria. «Subiamo un mix di fattori di svantaggio a livello nazionale. La crisi diventa sempre più grave. Si può ripartire dalle infrastrutture, appunto, settore anticiclico. Ci sono poche risorse? Perché non migliorare il partenariato pubblico-privato? Un'indagine della Bei rivela che il Regno Unito realizza il 52% degli investimenti pubblico privato realizzati in Europa. Di contro l'Italia muove solo il 3%».
Così la pensa anche Gabriella Megale, 40 anni, vice presidente Confindustria Basilicata, amministratore unico di Sulzer Sud di Tito (Potenza), azienda del settore meccanico. «Anche per innovare e investire in ricerca,strade obbligate per essere competitivi, occorre che il pubblico e il privato operino in sinergia: il pubblico mettendo gratuitamente a disposizione le infrastrutture, come laboratori e centri di ricerca, e il privato sostenendo i costi e gestendo gli interventi».
Insomma, voglia di fare ce n'è ancora nonostante il contesto deprimente – secondo Vincenzo Caputo, 37 anni, impegnato in attività turistico alberghiera, amministratore della General Fincap, socia della Palazzo Caracciolo spa, oggi presidente dei Giovani dell'Unione industriali di Napoli: «I dati sul micro credito diffusi dalla Regione Campania sono confortanti – dice – Ma speriamo che le nuove imprese riescano a resistere. Anche la legge di stabilità ci delude. Mentre il Sud d'Italia scompare dall'agenda del Governo».
Burocrazia, leggi poco chiare, difficile accesso al credito, ritardi della pubblica amministrazione nel saldare i debiti antichi e quelli contratti di recente: sono i temi di una vecchia litania ormai nota. A questa si associa anche Cristina Tumiatti, che ha 39 anni, è presidente dei Giovani imprenditori di Torino ed è direttore commerciale della Sea Marconi di Collegno (Torino). «Ci occupiamo di servizi per l'energia e l'ambiente e abbiamo diverse sedi in Europa. In Italia oggi bisogna lavorare il doppio per raccogliere poco. Nel nostro Paese manca la cultura della prevenzione, si fanno sempre meno investimenti sebbene le nostre infrastrutture siano obsolete». Allo stesso modo parla di norme che "ingessano" Federico Ghidini, 34 anni, presidente di Gi di Brescia, consigliere di Zenith alluminio.
Mentre ci si aspettava una boccata di ossigeno dal pagamento dei debiti della Pa che nemmeno ha avuto esito. «Ci paghino in 60 giorni come è previsto dalla normativa europea – dice Silvio Ontario, 39 anni, presidente Gi Sicilia, consigliere della Ontario srl di Catania –. Nei primi 9 mesi dell'anno solo il 28% delle aziende è stato pagato nei 60 giorni». Per Gian Guido Riva, 39 anni, presidente Gi di Bologna e ad del gruppo Samo (biomedicale) «le banche non sono più disposte a sostenere il deficit delle pubbliche amministrazioni».
(Ha collaborato Luigia Ierace)
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