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Questo articolo è stato pubblicato il 21 ottobre 2013 alle ore 12:43.
L'ultima modifica è del 21 ottobre 2013 alle ore 12:58.

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Il nodo coperture e in particolare un nuovo aumento delle accise rischia di bloccare la corsa del decreto "istruzione". Il provvedimento (n. 104 del 12 settembre scorso) che prevede tra l'altro il cosiddetto welfare dello studente, norme da hoc per i dirigenti scolastici, fondi per ridurre la spesa per i libri di testo, la lotta alla dispersione scolastica e la tutela della salute a scuola, dovrebbe essere licenziato questa settimana dalla commissione Cultura della Camera per poi passare all'Aula di Montecitorio con il rischio di lasciare al Senato solo due settimane per la seconda lettura e la conversione in legge, che dovrà arrivare prima dell'11 novembre prossimo.

Il nodo dell'aumento accise
Ma la corsa contro il tempo e l'incrocio del provvedimento a Palazzo Madama nel pieno avvio della sessione di bilancio non sono i soli problemi da affrontare per il via libera al decreto legge. Tra i nodi ancora da scogliere c'è quello della copertura del decreto legge in parte assicurata dall'aumento delle aliquote di accisa sulla birra, sui prodotti alcolici intermedi e sull'alcol etilico. Un aumento che, secondo quanto prevede la relazione tecnica all'articolo 25 del decreto d'urgenza, dovrà garantire maggiori entrate erariali per 13,3 milioni nel 2013, 147,8 milioni nel prossimo anno, nonché 229,4 milioni per l'anno 2016 e 224, 6 milioni a decorrere dall'anno 2017.

Coperture alternative dall'aumento Iva sui prodotti postali
L'aumento delle accise previsto dal Governo non è tuttavia condiviso dal relatore al decreto legge, Giancarlo Galan (Pdl), tanto da spingerlo a presentare un emendamento che sostituisce integralmente le coperture. Ma la pezza potrebbe rilevarsi anche peggio del "buco". Non fosse altro che la stessa "pezza" era già stata giocata dalla maggioranza al Senato per un altro provvedimento ma poi respinta dalla commissione Bilancio di Palazzo Madama, con l'assenso del Governo, perché in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione. L'emendamento Galan, infatti, evitando l'aumento delle accise, dovrebbe garantire le corrispondenti risorse indicate dal Governo nel Dl attraverso l'applicazione dell'Iva al 22% a quasi tutti i servizi resi da Poste Italiane senza possibilità di rivalsa sul cliente e quindi accollandosene il relativo costo.

Entrate insufficienti per l'Erario
Se da un lato l'emendamento Galan appare in linea con il parere reso dalla commissione Finanze della Camera che, in sede consultiva, si è espressa la settimana scorsa criticamente sull'aumento delle accise prevedendo quale condizione che la commissione Cultura debba «individuare modalità di copertura degli oneri derivanti dal decreto-legge diverse da quelle indicate dagli articoli 25 (…) in quanto l'aumento delle accise (…) avrebbe ricadute economiche negative, non solo sui settori direttamente interessati, ma sull'intera dinamica dei consumi», dall'altro la proposta di puntare sull'aumento dell'Iva al 22% sui prodotti postali non determina gli effetti finanziari attesi, ossia le maggiori entrate per l'erario occorrenti per compensare l'eliminazione degli aumenti delle accise.

Le probabili censure comunitarie
Va ricordato, inoltre, che l'attuale testo della norma che l'emendamento Galan intende modificare è stato predisposto in risposta ai rilievi della Commissione europea per la mancata conformità della norma interna ai principi comunitari, come interpretati dalla Corte di giustizia nell'ambito della causa C-357/07 (Tnt Post Uk), relativa all'interpretazione dell'articolo 13, parte A, paragrafo 1, lettera a), della sesta direttiva Iva, il cui contenuto è stato trasfuso nell'articolo 132, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006. Pertanto, la modifica prospettata con l'emendamento Galan esporrebbe l'Italia alle censure comunitarie ai sensi dell'articolo 258 Tfue.

Corsa contro il tempo per la conversione
È opportuno ricordare infine che l'emendamento Galan sulle coperture, come detto, ricalca in toto un emendamento che la scorsa estate in occasione del Dl n. 76 ha già subito lo stop in partenza della Commissione Bilancio di Palazzo Madama per i maggiori oneri che generava e quindi non ritenuto in grado di assicurare le risorse attese.
Una questione di non poco conto, se si considera che il provvedimento arriverà, come indicato, all'esame del Senato quasi al limite del tempo massimo per la conversione in legge e quindi con poche possibilità di essere modificato per una terza lettura. Ma, nel caso in cui dovesse passare alla Camera la proposta Galan (anche se va detto che la Commissione Bilancio della Camera ancora si deve esprimere), di fronte ad una disposizione che la Commissione Bilancio del Senato ha ritenuto contraria all'articolo 81 della Costituzione, una terza lettura sarebbe inevitabile, con tutti i rischi di decadenza del decreto "istruzione".

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