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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2013 alle ore 06:54.

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ROMA.
Il funerale ad Agrigento delle vittime dei naufragi a Lampedusa del 3 e dell'11 ottobre si trasforma in una dura protesta contro il ministro Alfano. Il vicepremier era giunto nel pomeriggio insieme al collega della Difesa, Mario Mauro, e dell'Integrazione, Cécile Kyenge. Alfano è stato contestato da esponenti di associazioni di migranti al grido «Assassini, assassini, basta con la Bossi-Fini» ed è stato portato via dalla scorta. Poi il titolare del Viminale ha replicato: chi ha gridato «assassini» vuole «frontiere libere e scafisti in libertà. Non l'avranno vinta: proteggeremo le nostre frontiere salvando vite umane. Abbiamo assicurato degna sepoltura ai morti, degna assistenza ai superstiti e ora - dice - caccia senza quartiere ai mercanti di morte».
La tensione al funerale è stata molto alta. Non hanno potuto partecipare i parenti delle vittime, rimasti a Lampedusa secondo le disposizioni delle autorità locali, e hanno anche loro protestato. La contestazione contro Alfano è sorta a causa di alcuni gruppi di eritrei che urlavano contro la presenza alla cerimonia di autorità statali di Asmara - rappresentate alla commemorazione dall'ambasciatore a Roma, Zemede Tekle - un regime da cui i profughi sarebbero fuggiti denunciando soprusi e violenze.
Assente ai funerali di Agrigento il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, che a Roma ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano insieme al presidente della Commissione diritti umani del Senato, Luigi Manconi. «Il 3 ottobre diventi il giorno della memoria per tutti quei migranti che sono morti tentando di attraversare il Mediterraneo. In questo modo le vittime diventeranno di tutti e non ci saranno più passerelle» dice Nicolini, amareggiata per l'annullamento dei funerali di Stato nella sua isola: «Quei funerali - sostiene - sono naufragati nel momento in cui sono stati annunciati». Ieri ha fatto sentire la sua voce anche il premier Enrico Letta. «Al prossimo consiglio europeo saremo fermi e netti sul tema dell'immigrazione e non accetteremo un consiglio superficiale. Chi ha responsabilità istituzionali deve soprattutto dare risposte e per questo ci siamo incontrati e abbiamo deciso iniziative» ha detto Letta dopo l'incontro con il premier greco Samaras. In conferenza stampa Samaras ha detto di non ravvisare differenze sostanziali nell'atteggiamento di Italia, Malta e Grecia sul tema immigrazione. A La Valletta, peraltro, il primo ministro maltese Joseph Muscat ha affermato che Malta, la Grecia e l'Italia stanno per formare quello che ha descritto come «un fronte comune» sull'immigrazione durante il vertice di Bruxelles. Letta ha poi attaccato sul fronte di Tripoli: «Lavoreremo affinché la costa libica venga pattugliata. Ma non accetteremo più dalle autorità libiche mezze risposte o risposte insufficienti. Per noi - ha sottolineato il presidente del Consiglio - il pattugliamento del mare vuol dire andare lì a far sì che le autorità libiche si assumano le loro responsabilità». Un tema che coinvolge anche il ministero dell'Interno e il capo del dipartimento di Ps, Alessandro Pansa, tanto che una decina di giorni fa è andato in Libia il prefetto Giovanni Pinto, titolare della direzione centrale della Polizia delle frontiere.
Uno degli spunti emersi ieri da Agrigento indica il governo al lavoro sulla revisione della legge Bossi-Fini. In realtà siamo ancora a uno stadio embrionale. L'input parte dal ministro Kyenge ma la delega sulla materia è - com'è noto - del ministero dell'Interno. Finora è stato formato un gruppo di lavoro al quale partecipano, oltre la Kyenge, il viceministro Filippo Bubbico e il sottosegretario Roberto Manzione. Un tavolo informale al quale ha dato un suo contributo anche l'ex ministro Livia Turco. C'è un testo di massima che interviene su tre punti: la riduzione della permanenza degli immigrati nei Cie (centri di identificazione ed espulsione) prolungata fino a 18 mesi quando all'Interno c'era il leghista Roberto Maroni; le modalità di affidamento degli appalti per la gestione dei centri; le procedure di identificazione. Punti specifici che non rivoluzionano, però, la Bossi-Fini nel suo attuale assetto. Senza contare che gli attuali esponenti governativi al lavoro sul testo sono tutti Pd: l'iniziativa, insomma, oltre a essere nata da pochissimo è tutta da concertare con il resto della maggioranza in uno scenario pieno di trappole e ostacoli politici di ogni genere.
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