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Questo articolo è stato pubblicato il 22 ottobre 2013 alle ore 22:48.
L'ultima modifica è del 22 ottobre 2013 alle ore 23:25.

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Raul Castro (AFP Photo)Raul Castro (AFP Photo)

Se ne va un pezzo di storia di Cuba, almeno di quella contemporanea. Il presidente Raul Castro ha annunciato l'avvio dell'unificazione monetaria. Non ci saranno più due monete, il peso nacional (Cup) e il peso convertible (Cuc). Il primo utilizzato per il pagamento di pensioni e stipendi. Il secondo, equiparato al dollaro, usato per l'acquisto di beni importati. E, naturalmente, unica moneta accettata da ristoranti e alberghi.

Il doppio regime cambiario, in vigore dal 1994, ha reso ancora più iniqua la distribuzione dei redditi a Cuba. Sì, perché due monete equivalgono a due classi sociali e il paradosso è proprio questo: chi lavora in ambiti legati al turismo accede alla moneta "buona", quella di valore, con cui si possono acquistare beni e servizi di qualità più alta. Tutti gli altri sono relegati nella sfera della sussistenza o quasi. In altre parole la più esplicita e urticante contraddizione per un Paese che crede nel socialismo e che dell'uguaglianza ha fatto una bandiera, oltre che un'operazione di marketing politico a livello mondiale, con i suoi murales "socialismo o muerte".

La più evidente delle distorsioni è osservabile tra la disparità di stipendi di un chirurgo che guadagna 20 dollari al mese e di un cameriere di un albergo internazionale che, in mance, può incassare 400-500 dollari.

Il peso per i ricchi (il Cuc) vale 25 volte più del peso proletario (il Cup) e ora non sarà facile procedere verso un'unificazione monetaria che tenga in conto la produttività del lavoro e la sua accettazione all'estero.

Non è chiaro quali saranno i tempi di realizzazione dell'operazione, ma senza dubbio si tratta di una riforma complessa che dovrà ricollocare Cuba all'interno del sistema internazionale e riformulare delle ragioni di scambio. In altre parole si dovrà definire il valore della moneta, che è lo specchio della forza dell'economia di un Paese. O della sua debolezza.

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