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Questo articolo è stato pubblicato il 23 ottobre 2013 alle ore 17:54.

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Trentanove anni spesi inutilmente per interpretare capziosamente un comma di legge. La controversia tributaria tra Scicolone Sofia e il ministero dell'Economia si risolve in due sostantivi (imponibile e imposta) e in due percentuali (60% e 70%), che letti con attenzione e applicati con buonsenso avrebbero evitato l'ennesimo primato – alias "figura" - al paese d'azzeccagarbugli.

Perché se il fisco si fosse accontentato della dichiarazione integrativa della Loren, presentata con il condono del 1982 (legge che peraltro le era costata anche 17 giorni di carcere) per sanare quella un po' troppo "leggera" di otto anni prima, la vicenda si sarebbe chiusa lì con un imponibile di oltre mezzo miliardo di lire e relativa imposta.

Invece la Commissione tributaria centrale – organo rimasto in vita per regolare appunto le controversie del paleolitico – ha difeso sino all'ultimo il tentativo dell'erario di alzare di altri 92 milioni di lire il capitale non dichiarato, ignorando che il comma della legge "manette agli evasori" da applicare al caso Loren parla di "imponibile, appunto," e non di "imposta". Un lapsus che allo studente di diritto tributario costerebbe il rinvio ad altra sessione d'esame.

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