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Questo articolo è stato pubblicato il 24 ottobre 2013 alle ore 06:39.

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«L'esame degli attivi bancari si concentrerà su quegli elementi, nei bilanci di ogni istituto, su cui si rilevano i maggiori rischi o la minore trasparenza». La Bce, almeno su un punto, è chiara: il check-up riguarderà tutte le banche. Si andranno a cercare gli scheletri in tutti gli armadi.

Insomma: l'esame sarà severo anche per le banche dei Paesi forti. Il controllo sarà certamente duro per le italiane e spagnole, appesantite dai crediti deteriorati e dai titoli di Stato. Ma – in base alle premesse di oggi – non lascerà indenni neppure quelle tedesche o francesi, zavorrate da quei titoli "tossici" e da quei derivati che ingigantiscono i loro bilanci.
Peccato, però, che la Bce non abbia annunciato i criteri con i quali effettuerà lo screening dei bilanci. Ed è proprio in questo dettaglio che si nasconde il proverbiale "diavolo": a seconda di come le singole vulnerabilità saranno soppesate, alcuni sistemi bancari potrebbero uscire vincitori o perdenti più di quanto meriterebbero. «La Bce non ha annunciato dove metterà l'asticella per ogni singola voce di bilancio – osserva Matteo Coppola di Boston Consulting –. Credo che i criteri saranno soppesati in ogni Paese insieme alle singole banche centrali nazionali». Insomma: ogni Stato proverà probabilmente a portare l'acqua al proprio mulino.
Detto questo, però, si possono già ora tirare le prime somme. «Il Sole 24 Ore», usando i dati sui bilanci bancari 2012 di R&S Mediobanca, l'ha fatto: ecco chi vince e chi perde su ogni singola voce di bilancio che passerà sotto la lente della Bce durante il check-up.
Il fardello dei crediti
La revisione della Bce riguarderà innanzitutto i crediti deteriorati. In questo campo sono le banche italiane a soffrire di più. Anche quelle spagnole, certo. Ma a Madrid, con aiuti europei, hanno almeno avviato la risoluzione del problema. Gli istituti italiani – stima Bankitalia – sono tutt'ora appesantiti da 300 miliardi di euro di crediti deteriorati. In media, calcola R&S Mediobanca, su 100 milioni di crediti lordi erogati dalle prime 5 banche italiane, ben 14,2 milioni sono andati a male. Cifra che fa rabbrividire, se confrontata al 4,3% delle prime due banche tedesche, al 2,3% delle principali istituzioni olandesi, al 4,9% di quelle francesi. E anche il tasso di copertura, cioè i soldi "messi da parte" per far fronte alle perdite, in Italia sono più bassi. Questo è il nostro punto debole.
Ma nel valutarlo, e nel considerare le coperture di ogni banca, la Bce dovrà tenere conto di un fattore: che in Italia le banche sono sottoposte a criteri più severi nel calcolare i crediti deteriorati. Da noi, per esempio, vengono considerati deteriorati anche i crediti non pagati ma interamente coperti da garanzie reali. In altri Paesi no. In Italia è poi molto più severa la contabilizzazione dei crediti ristrutturati: restano catalogati come "deteriorati" per due anni dopo la loro ristrutturazione. In altri Paesi no: tornano in bonis subito dopo. Tutto questo, ovviamente, fa lievitare la torta dei crediti dubbi in Italia e la sgonfia artificialmente altrove.

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