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Questo articolo è stato pubblicato il 26 ottobre 2013 alle ore 20:27.
L'ultima modifica è del 26 ottobre 2013 alle ore 20:31.

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Li-Na (Reuters)Li-Na (Reuters)

«Io arrivo sempre prima!» aveva detto la Li Na, con il suo bellissimo sorriso, quando si era guadagnata un posto in finale agli Australian Open del 2011. E, infatti, mai nella storia una cinese si era spinta così in alto in uno Slam. Infrangere record è decisamente il destino della simpatica Li, prima tra le sue connazionali a vincere un torneo Wta, prima ad entrare nella top 20 e nella top 10 del ranking, prima a qualificarsi per i quarti di un major, poi a tagliare il traguardo il traguardo delle semifinali, quindi, a conquistare un titolo del Grande Slam. E, ora, prima giocatrice asiatica in assoluto a raggiungere il terzo posto in classifica e ad approdare alla finale del Masters.

Intelligente ed aggraziata, tatticamente accortissima, capace di variare il gioco a seconda delle situazioni, Li Na è la donna che sta entusiasmando un'intera nazione e che sta facendo scoprire il tennis a milioni di cinesi. La semifinale contro Petra Kvitova, già vincitrice dei Wta Championships del 2011, ha confermato tutte le doti dell'orientale. Contro un'avversaria più potente ma incapace di trovare soluzioni alternative ad un gioco muscolare e monocorde, la tennista di Wuhan ha comandato gli scambi fin dall'inizio dell'incontro, spezzando il ritmo della rivale, cambiando velocità e disegnando traiettorie precise, tagliando il campo da una parte all'altra e imprigionando la Kvitova in una ragnatela tessuta con pazienza e tenacia.

Partita in vantaggio per 2/0, poi 3/1, la cinese non si è fatta prendere dal panico quando è stata recuperata dalla ceca sul 4/4, finendo per chiudere con il punteggio di 6/4, il primo set. Segnale che la vittoria era, oggi, alla portata dell'asiatica visto che uno dei punti deboli di Li Na, in barba allo stereotipo sulla freddezza e l'imperturbabilità degli orientali, è proprio l'emotività che, più volte, l'ha penalizzata nei momenti cruciali.

Archiviato il primo set, la cinese non ha perso la calma neppure nei primi, combattuti game della seconda frazione. Mettendo in mostra una serie di dritti micidiali e una risposta al servizio da manuale, dal 2/2 non ha più concesso nulla ad una Kvitova via via sempre più demotivata e rassegnata. Tradita anche dal servizio, la ceca si è, così, arresa per 6/4, 6/2, dopo poco un'ora e 36 minuti di gioco.
La seconda semifinale, sulla carta, sembrava in grado di offrire ancora meno emozioni. Per una Serena Williams che aveva dominato in modo impressionante il girone di qualificazione, il match contro Jelena Jankovic (sconfitta 7 volte negli 11 precedenti) pareva destinato ad essere poco più di una formalità. Invece, contro la serba, la numero uno del mondo ha rischiato tantissimo, riuscendo a spuntarla soltanto per 6/4 al terzo set dopo oltre due ore di battaglia. Sofferente per un problema muscolare, la Williams è apparsa stanca e discontinua, incapace di chiudere un incontro nel corso del quale ha più volte rimesso in gioco una Jankovic combattiva e tornata a buoni livelli dopo alcune stagioni piuttosto deludenti.
Stabilendo quasi un record negativo, Serena, di solito implacabile alla battuta, ha perso il servizio ben quattro volte di fila, finendo per cedere il secondo set per 6/2. Alla fine, con tutta l'esperienza e la grinta della campionessa si è aggiudicata la partita, ma non prima di essersi fatta rimontare da 5/1 a 5/4 e di aver sprecato due match point.
La finale di domani, la prima della storia tra due over 30 ( la cinese è dell'82, l'americana dell'81), appare così un po' meno scontata di quello che ci si sarebbe potuti aspettare dopo i primi quattro giorni nei quali si era vista la solita Super Serena. La tenace Li Na può sperare di "arrivare prima" ancora una volta. Anche se, inutile negarlo, molto dipenderà dalle condizioni di quella straordinaria fuoriclasse che è Serena Williams.

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