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Questo articolo è stato pubblicato il 01 novembre 2013 alle ore 16:35.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2013 alle ore 11:13.

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Dovrebbero essere tutti sovrappeso, i 50 consiglieri regionali dell'Emilia Romagna, visto che in 19 mesi di mandato hanno speso, solo per mangiare, circa 500mila euro. Mica poco se si considera che di stipendio netto prendono, come minimo, 3mila 700 euro al mese ai quali aggiungono rimborsi per chilometri, spese di rappresentanza, consulenze e, appunto, pranzi e cene. Che già una famiglia di quattro persone con poco meno di 4mila euro riuscirebbe a far quadrare il bilancio mettendoci dentro, magari, pure due settimane di ferie a Viserbella.

Invece i consiglieri dell'Emilia Romagna no, non ce la fanno e tra rimborsi per gli spostamenti, per il cibo e l'uso dei bagni pubblici a fine mese, male che gli vada, hanno lo stipendio raddoppiato.

Del resto se il regolamento interno dell'amministrazione regionale ammette che come spesa di rappresentanza passi una cena da 200 euro a coperto, loro, i consiglieri sono (anzi si sentono) perfettamente in regola.

Si sentono in regola anche quando chiedono di venire rimborsati per avere cacciato fuori un centinaio di euro di tasca propria per partecipare a una colazione di beneficenza per l'ANT, l'associazione che offre assistenza domiciliare ai malati di cancro, tanto che trovano assurdo che qualcuno gli faccia notare che è davvero di cattivo gusto presentare la pezza d'appoggio e chiedere di riavere indietro il denaro. Così, Silvia Noè, cognata di Pierferdinando Casini, capogruppo Udc, presente alle sedute in assemblea armata di shopping bag e tacchi medi che fanno sognare metà delle impiegate della pubblica amministrazione, ammette candida come una camelia di avere chiesto indietro i soldi spesi in quella famosa cena perché avendo dedicato, lei imprenditrice nel tessile abbigliamento, i suoi ultimi 10 anni a fare politica in Regione, ci ha rimesso.
Poi che non si stupisca l'imprenditrice casiniana se dal segretario provinciale della Cna di Bologna, Massimo Ferrante, arriva un commento che, pur tentando di essere politicamente corretto, fa intravedere una rabbia che fatica ad essere contenuta: "I nostri imprenditori in questi giorni ci telefonano per quello che leggono sui giornali. La sensazione è di sconcerto, di sicuro in questo modo non si fa del bene alla politica. Sconcerto è un eufemismo, visto quello che devono sopportare in questa fase gli imprenditori".

Per tornare vicino a cuore e giro vita dei loro elettori, ai quali tutti dicono di tenere tanto, a questo punto ai consiglieri non rimane che mettersi a dieta: il limite massimo consentito (che a questo punto in Emilia Romagna dovrebbe essere criterio di idoneità politica) sarà per le donne una taglia 40, per gli uomini una 48. E se per perdere i chili accumulati nei pranzi di rappresentanza saranno costretti ad andare in palestra, che non si sognino di chiederne il rimborso.

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