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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2013 alle ore 12:34.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:35.

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MILANO - «Quanto è avvenuto in materia di legislazione sugli incroci clienti e fornitori appare paradigmatico di ciò che non deve essere fatto. L'azione antievasione non può basarsi su soluzioni estemporanee, ma su un disegno ponderato ed organico. (...) L'analisi svolta dimostra, senza alcun dubbio, la grande utilità delle procedure di incrocio dei dati fiscali e, in particolare, degli elenchi "clienti e fornitori" ai fini dell'emersione della base imponibile nel limitato periodo di operatività dell'obbligo».

Le conclusioni della Corte dei conti nell'indagine sull'attività di controllo fiscale svolta dall'agenzia delle Entrate e dalla Guardia di finanza, resa nota ieri, promuove a pieni voti le norme sugli elenchi clienti e fornitori in vigore tra il 2006 e il 2007 e, per converso, bacchetta severamente le scelte del legislatore che negli ultimi anni «sono state ondivaghe e contradditorie, con interventi rigorosi cui hanno fatto seguito inopinate abrogazioni e successive reintroduzioni di obblighi sostanzialmente analoghi a quelli poco tempo prima abrogati, con conseguenti effetti negativi tanto per i contribuenti quanto per l'amministrazione (costi di adeguamento e riadeguamento dei software gestionali, strategie di controllo avviate e successivamente bloccate, eccetera)».

Indicazioni, quelle fornite ieri nell'indagine della Corte (tra i relatori il consigliere Massimo Romano, direttore dell'agenzia delle Entrate fino al 2008), che gettano ombre anche sul funzionamento dei nuovi strumenti attivati dall'amministrazione finanziaria, dalla nuova versione dell'elenco clienti-fornitori – vale a dire il nuovo spesometro per il quale continua il pressing delle categorie per una proroga (si veda l'articolo in basso) - all'archivio dei rapporti finanziari.

Spiega, infatti, la Corte dei conti che «le variazioni intervenute nel volume d'affari dichiarato nel periodo 2005-2009 e nell'Iva rilevata nel bilancio dello Stato risultano sensibilmente difformi da quelle intervenute nel Pil e nella spesa totale stimata dall'Istat e inducono a ritenere che nel periodo di vigenza dell'obbligo di presentazione degli elenchi clienti e fornitori si è avuto un netto incremento della tax compliance. In particolare negli anni 2006 e 2007 si è avuto un incremento percentuale del volume d'affari dichiarato ai fini Iva sull'anno precedente circa doppio rispetto alle variazioni intervenute negli indici di contabilità nazionale e, al contrario, la diminuzione percentuale verificatasi nel 2009 dello stesso volume d'affari dichiarato risulta essere di quasi quattro volte superiore a quella del Pil».

La soppressione degli elenchi telematici clienti e fornitori, realizzata con il Dl 112 del giugno 2008, perciò, «ha certamente indebolito gli strumenti di contrasto dell'evasione fiscale, sia nel settore dell'Iva che nei connessi settori delle imposte personali e dell'Irap. Indebolimento che, peraltro, non appare ancora oggi superato nonostante il poco lineare percorso a ritroso seguito dal legislatore a partire dal Dl 78 del 2010, se si considera che ancora non si è stati in grado di ripristinare in sede amministrativa il flusso informativo che, relativamente ai periodi d'imposta 2006 e 2007, era stato possibile conseguire già nei primi mesi dell'anno successivo».

L'analisi dei magistrati contabili suggerisce un cambio nelle strategie di contrasto all'evasione, puntando sulla fatturazione elettronica e i sistemi di pagamento tracciato, «per attribuire massimo rilievo alla fase dell'adempimento spontaneo, utilizzando anche in tale fase, e non solo in quella dell'accertamento come avviene attualmente, il vasto patrimonio informativo di cui l'amministrazione oggi può disporre, a partire dai dati relativi ai rapporti con i clienti e i fornitori e, auspicabilmente, dai dati relativi ai rapporti finanziari».

Peraltro gli strumenti di incrocio delle informazioni, al netto dei rischi che potrebbero derivare dall'introduzione generalizzata del "contrasto di interessi", da soli non sono sufficienti, anche per quanto attiene agli strumenti volti a "tracciare" il pagamento delle operazioni, se non si procede a un numero significativo di controlli. «L'indagine ha messo in luce un'utilizzazione numericamente limitata delle informazioni contenute negli elenchi, – osserva ancora la Corte – considerato che le posizioni incoerenti negli anni 2006-2007 sono risultate complessivamente circa 4,5 milioni, di cui 412.083 quelle con importo superiore a 10.000 euro, a fronte di 93.428 controlli effettuati».
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3.150 miliardi
Il gettito 2006
Nell'anno d'imposta 2005 il volume d'affari dichiarato ai fini Iva dai soggetti in regime normale è stato di 2.868 miliardi di euro. Nell'anno 2006, primo anno di introduzione degli elenchi per i soggetti in regime contabile ordinario, il volume d'affari dichiarato, sempre per il regime Iva normale, è salito a 3.150 (+9,84%)
3.349 miliardi
L'aumento
Nel 2007, anno di completa applicazione degli elenchi, il volume d'affari dichiarato ai fini Iva dai soggetti in regime normale è ulteriormente salito a 3.349 miliardi (+6,30%). Nel 2008, nel quale a metà anno è intervenuta la soppressione dell'obbligo, il volume d'affari dichiarato per il regime normale ammonta a 3.371 miliardi (+0,68%)
2.971 miliardi
Il calo
Nel 2009 il volume d'affari dichiarato si è ridotto a 2.971 miliardi (-11,86% rispetto all'anno precedente)

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