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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 14:04.
L'ultima modifica è del 02 novembre 2013 alle ore 19:31.

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Il fondatore di Microsoft, Bill Gates, 58 anni, ha abbandonato la sua creatura, e dal 2008 si è rifatto un'immagine dedicandosi con la moglie Melinda alla più popolare causa della filantropia. Per questo oggi, dal piedistallo su cui i suoi 'miliardi-age' (79 secondo Forbes) lo hanno collocato, ha deciso di impartire una lezione ad un suo emulo, il 29enne e ricco di 'miliardi nouveau' (nemmeno 17), Marck Zuckerberg.

Quest'ultimo, che a quasi 40 anni di distanza da Gates sta seguendo lo stesso 'cursus honorum' (e che una volta annoiatosi della sua creatura Facebook, potrebbe seguire le orme di Gates), ha recentemente lanciato l'idea che «una delle più grandi sfide della nostra generazione» è connettere 5 miliardi di persone. Un'idea bollata dalle colonne del Financial Times come «uno scherzo» da Gates, secondo il quale le priorità sono altre come combattere le malattie, che cita ad esempio, «il vaccino contro la malaria, questa strana cosa cui mi sto dedicando».

Nella lunghissima intervista al Ft, Gates, elenca le nuove sfide che intende affrontare ) e i successi ottenuti dalla fondazione 'Bill e Melinda Gates'. Quest'ultima fondata nel 1997 e che negli ultimi anni ha 'investito' quasi 4 miliardi di dollari in beneficenza, la metà di quanto ha speso nel 2012 il governo Usa. Tra le grandi sfide lo sradicamento della poliomielite, endemica in molte aree del mondo, e le cui campagne di vaccinazione in Paesi come il Pakistan o la Nigeria possono anche costare la vita ai volontari.

Gates evidenzia come la soluzione di problemi pratici, come mantenere alla giusta temperatura i vaccini, «è una cosa sfortunatamente banale e pratica. E non molto sexy (attraente) da un punto di vista scientifico», benché possa fare la differenza tra la vita e la morte in molti parti del mondo.

Il fondatore di Microsoft si definisce un tecnocrate. Ma non crede che la tecnologia sia la panacea. O, per essere più precisi, non crede possa risolvere una serie i problemi chiave che affliggono i più vulnerabili: la diffusione di malattie nel mondo sviluppato e la povertà, la mancanza di opportunità e la disperazione che essi generano. «Amo ancora l'IT - dice Gates al giornalista del Financial Times Richard Waters - ma se vogliamo migliorare le nostre vite dobbiamo occuparci di questioni ben più elementari come la sopravvivenza dei bambini e le risorse alimentari».

Internet insomma non salverà il mondo. Qualunque cosa ne pensino Mark Zuckerberg e gli altri miliardari tecnologici della Silicon Valley.

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