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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 08:23.
Sulla prima accusa Aspi, interpellata dal Sole 24 Ore, non commenta perché è in corso l'indagine. In ogni caso, ha avviato verifiche su tutta la propria rete, ordinando alle direzioni di tronco (di cui sottolinea l'autonomia e quindi la responsabilità) di sostituire gli ancoraggi dove ritengano necessario. Secondo alcune fonti, la sostituzione sarebbe pressoché integrale e già affidata a una società, ma Aspi smentisce.
Le verifiche, oltre a confermare la necessità di interventi in molti punti, hanno fatto emergere altre anomalie potenzialmente pericolose, che risalgono alla metà dello scorso decennio. Su ponticelli e sovrappassi, lo spartitraffico dovrebbe essere uguale o analogo alla barriera del bordo destro e invece, talvolta, è più semplice ed economica, con paletti piantati nel terreno, fino a circa un metro di profondità. Ma il terreno è solo uno strato che a volte non supera i 30-40 centimetri, messo a ricoprire il calcestruzzo del ponticello. I paletti vi sono stati infissi lo stesso, tagliandoli. Ciò non pare emerso nei controlli che Aspi è tenuta a fare sui lavori che commissiona.
Sull'accusa di omessa sostituzione della barriera nei lavori, Aspi fa sapere tre cose:
- le prestazioni del new jersey montato sul viadotto sono uguali o superiori a quelle di altri modelli più recenti con cui sarebbe dovuta avvenire un'eventuale sostituzione, che quindi è stata ritenuta inutile;
- la sostituzione di due campate del viadotto nel 2009 non comporterebbe obbligo di cambiare anche la barriera sull'intera struttura, perché il Dm 223/92 che lo impone parla di «ricostruzione» o di «riqualificazione», che l'azienda ritiene siano una cosa diversa;
- la riqualificazione delle barriere laterali tra Napoli e Avellino Ovest non doveva riguardare il viadotto Acqualonga, perché nei programmi della società è fissata solo per i guard-rail di primo impianto (e la barriera sotto accusa fu invece installata nel 1989 per rimpiazzare quella originaria, a seguito del terremoto dell'Irpinia del 1980).
Ciò getta una luce sulla convenzione unica del 12 ottobre 2007, con cui Aspi ha ottenuto dallo Stato il prolungamento al 2038 della concessione. Non vi si trovano vincoli sulle barriere: si lascia al gestore decidere quante risorse dedicarvi, all'interno dei fondi per la sicurezza.
In base a essi, il Governo valuta se la società ha mantenuto gli impegni e quantifica gli aumenti tariffari. La convenzione conta le risorse per come figurano nei bilanci di Aspi, che però negli ultimi anni ha spesso affidato i lavori sulle barriere alla controllata Pavimental, motivando la scelta con la rapidità delle procedure (ogni appalto portava una serie di ricorsi al Tar). Ma Aspi ne trae un ulteriore beneficio: Pavimental subappalta tutto, spuntando ribassi anche del 30% che non rientrano nei calcoli che fa il Governo.
Un punto fermo dovrebbe essere messo nella riscrittura del Dm 223/92. Una norma molto severa sulle caratteristiche delle barriere e sulla scelta di quale tipo montare. Ma velleitaria, viste le difficoltà nell'applicarla e i buchi nei controlli. A volte viene aggirata adottando barriere con marcatura Ce ma bocciate ai crash test che il Dm prescrive e di cui anni il ministero delle Infrastrutture non pubblica gli esiti.
La sciagura di Acqualonga ha fatto tornare alla carica i costruttori di barriere, inducendo il ministro, Maurizio Lupi, ad avviare la revisione del Dm. Si parla soprattutto di abolire la parte che tollera le barriere obsolete rimaste su strade esistenti nel '92: potrebbe essere previsto un obbligo di sostituirle, scaglionato negli anni.
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