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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2013 alle ore 08:23.

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È finita senza risposte decisive la tre giorni di perizie sul viadotto Acqualonga dell'autostrada A16 a Monteforte Irpino (Avellino), da dove il 28 luglio è precipitato un bus uccidendo 40 persone. Non poteva essere diversamente: non si è mai trovato il disco del cronotachigrafo, che avrebbe fatto capire meglio a quale velocità è avvenuto l'urto del bus contro le barriere che avrebbero dovuto tenerlo in strada.
Dunque, l'inchiesta penale sulla più grave sciagura stradale italiana è partita male. E un'inchiesta tecnica da parte del ministero delle Infrastrutture non è mai partita: non risulta sia mai stata ordinata. Eppure sarebbe servita a far luce sulla sicurezza di tutta la rete autostradale, nella quale non mancano i buchi. Dopo la sciagura di Monteforte si comincia a rimediare, ma solo per iniziativa di chi la gestisce. L'intervento del ministero dovrebbe così restare limitato a una riscrittura delle regole sui guard-rail, che risalgono al '92.
Da lunedì a mercoledì scorsi i quattro periti nominati dalla Procura di Avellino e quelli di parte hanno esaminato il bus e i guard-rail del viadotto (di calcestruzzo, detti new jersey). Ci sono stati contrasti, che l'agenzia Agi definisce «accesi diverbi».
Per alcuni il bus avrebbe urtato tre volte e con angolazioni diverse in appena 60 metri, creando condizioni cui nessun guard-rail regge; per altri l'impatto sarebbe stato uno solo e "lieve". Alcune tracce fanno pensare che il mezzo sia arrivato sulla barriera quasi strisciando (quindi senza sollecitarla molto), quindi la prima tesi implica che negli urti successivi l'angolo d'impatto si sia drasticamente ampliato in pochi metri.
Si capirebbe di più se si conoscesse con certezza il fattore più importante: la velocità. Ma i periti non hanno il disco di registrazione dati che era inserito nel cronotachigrafo del bus al momento dell'incidente. L'apparecchio è stato trovato, danneggiato. Il disco no. In alcune foto scattate sotto al viadotto il giorno dopo la tragedia compare almeno un disco. Non è certo che sia quello "giusto", ma non risulta che le immagini siano state esaminate subito con attenzione da chi doveva fare le ricerche. E, secondo una testimonianza, sul posto non c'era adeguata vigilanza nei giorni successivi all'incidente.
Il calcolo della velocità resta così affidato alle sole ricostruzioni dei periti e dell'ufficio della Polizia stradale specializzato sugli incidenti più gravi. Ricostruzioni certosine, ma parziali.
La Procura studia pure la manutenzione del viadotto. Perciò martedì ha inviato la Guardia di finanza a Cassino, alla direzione del sesto Tronco di Autostrade per l'Italia (Aspi), competente sul tratto sotto indagine. Ci sono due accuse da verificare. La prima è sulle condizioni della barriera che ha ceduto: in alcune foto appaiono ancoraggi usurati e agganciamenti poco curati tra i blocchi di calcestruzzo. La seconda è sulla mancata sostituzione della barriera durante due lavori effettuati su quel tratto dal 2009 (si veda Il Sole 24 Ore del 18 agosto).

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