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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2013 alle ore 08:30.

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Rosmini studioso del Corano e, in particolare, il suo breve testo sulla devozione e la presenza di Maria nel mondo musulmano rivelano un importante spaccato sui rapporti religioso-culturali tra cattolicesimo e islam. Siamo nella prima metà dell'Ottocento. Per la Chiesa di Roma i seguaci di Maometto vanno annoverati tra gli infedeli, aderenti a "una falsa religione", a un'eresia. Antonio Rosmini, nato nel 1797, è un affermato filosofo e voce autorevole del pensiero cattolico liberale; ha già scritto numerose opere tra le quali Delle cinque piaghe della Santa Chiesa (1832). Manzoni lo definisce «una delle sei, sette grandi intelligenze dell'umanità». Nel 1845 il cardinale Castruccio Castracane degli Antelminelli commissiona a Rosmini un testo sulle testimonianze rese a Maria nel Corano che leggerà all'Accademia di religione cattolica. Solo nel 1884 il saggio verrà riconosciuto come opera del sacerdote di Rovereto. Lo scritto ha oggi un duplice interesse. Uno teologico perché mostra i primi passi di un dialogo che cerca di partire da un terreno comune: la figura di Maria madre di Dio come sancito dal concilio di Efeso nel 431. Rosmini, studioso anche di Islam, analizzando sei Sure indica nell'attenzione di Maometto l'avverarsi della profezia «tutte le generazioni la chiameranno beata». Il secondo aspetto è storico e la bella introduzione di Fulvio De Giorgi documenta bene la posta in gioco: se nella chiesa cresce la spinta all'evangelizzazione, nella geopolitica cambiano gli assetti: declina la Francia, avanza l'Inghilterra con ricadute su Egitto e area mediorientale. Rosmini è filo-inglese.
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Antonio Rosmini, Maria nel Corano, Morcelliana, Brescia, pagg. 88, € 10,00

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