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Questo articolo è stato pubblicato il 03 novembre 2013 alle ore 08:22.

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A fine del dicembre del 2012 a Londra, per volere dell'inventore del World Wide Web Tim Berners-Lee e di Nigel Shadbolt nasceva «The Odi» - l'Open data institute. Un'organizzazione indipendente, senza scopo di lucro, apartitica, finanziata dal governo britannico e dalla società filantropica Omidyar Network con il fine di catalizzare la cultura "open data". In brevissimo tempo, l'iniziativa ha attratto l'attenzione di molti, tant'è che anche grandi aziende come Telefonica hanno deciso di diventare partner. Il motivo è chiaro: l'open data piace, affascina, ma ha ancora bisogno di tantissimo supporto culturale per fare in modo che le sue potenzialità si esprimano realmente.
E così, all'Odi, si trova la giusta miscela fatta da sviluppatori, ricercatori in economia, statistica, giurisprudenza, informatica ecc... ma anche di startup. Non bastano però solo le competenze, serve anche la passione e, così, anche gli spazi dell'Odi si trasformano all'insegna della condivisione della conoscenza attraverso la cultura degli open data. Molti spazi aperti, diverse esposizioni artistiche che ruotano attorno al concetto di open data e altre piccole attenzioni volte a fortificare la filosofia di "open by default". Un concetto molto semplice: rilasciare in riuso qualsiasi prodotto digitale che l'istituto crea. Un riuso però accompagnato dalla parola partecipazione, in modo di favorire la condivisione della conoscenza e l'ottimizzazione dei risultati.
Un messaggio semplicissimo: chi lavora all'Odi deve credere fortemente in quello che si sta facendo, perché il paradigma che si propone è innovativo e può aprire nuovi scenari, ma richiede anche molto impegno visto che si tratta di un cambiamento culturale. La reputazione dei due fondatori, i finanziamenti ricevuti e il credere in questi principi, meglio definiti nel documento «charter Odi» (la carta dell'Open data institute), ha fatto sì che il team dell'Odi sia diventato un modello vincente a cui la comunità internazionale dell'open data guarda. Quindi, le continue richieste di collaborazione che l'Odi ha ricevuto in questi anni, ha dato vita all'idea di creare il network globale.
L'iniziativa è stata presentata il 29 ottobre al London Museum durante il summit dell'Odi e rilanciata poi da testate come il «Guardian» e «Wired Uk». A entrare nel network sono 13 organizzazione no-profit, distinte sotto la forma di tre livelli di nodi: comunicazione, regione e nazione. Il vincolo di ogni nodo è quello di aderire ai principi della «charter Odi». In Italia, ad aderire a questa iniziativa, è stata Fbk - Fondazione Bruno Kessler di Trento attraverso il centro per l'information communication tecnology diretto da Paolo Traverso. Oltre ad aderire alla filosofia dell'Odi, l'impegno di Fbk è quello di impegnarsi in progetti open data, fornire formazione, investire in ricerca e sviluppo e, in particolare, disseminare l'uso dei certificati open data. Le attività dell'Odi Trento (così il nome del nodo del Fbk) saranno rivolte alla disseminazione di questi principi ovunque utilizzando il Trentino come luogo di sperimentazione.
Maurizio Napolitano, tecnologo della Fondazione Bruno Kessler di Trento
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