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Questo articolo è stato pubblicato il 05 novembre 2013 alle ore 10:38.
L'ultima modifica è del 05 novembre 2013 alle ore 11:12.

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Il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri (Ansa)Il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri (Ansa)

«Non sono disposta a fare l'anatra zoppa. O domani (oggi, ndr) si chiarisce che ho piena dignità di fare il ministro della Giustizia oppure se ne trovano un altro». Annamaria Cancellieri non ci pensa su neanche un attimo e risponde così quando, nel colloquio con Il Sole 24 ore tra una riunione e l'altra a Strasburgo - le viene chiesto se dall'odierno chiarimento parlamentare uscirà più forte o indebolita come ministro della Giustizia. «Se lo scordino: io non sarò mai un ministro dimezzato» ripete anche a fine giornata, durante l'incontro con la stampa. Quanto alle «strumentalizzazioni politiche», avverte, «la politica faccia tutte le scelte che vuole, segua le strade che vuole, purché non sulla mia pelle».

Il guardasigilli arriva a Strasburgo dopo una mattinata trascorsa a limare due discorsi importanti, ma molto diversi: quello al Segretario generale del Consiglio d'Europa, il norvegese Thorbjorn, per convincerlo della serietà con cui l'Italia sta affrontando l'emergenza sovraffollamento carceri e quello al Senato e alla Camera per convincerli della linearità del proprio comportamento nella vicenda Ligresti. Televisioni e giornalisti l'attendono davanti al Palais de l'Europe non per sapere che cosa dirà sul carcere ma per cogliere uno sguardo, una parola, un gesto qualunque che riveli tensione, stanchezza, rabbia o qualunque altro sentimento sulla vicenda Ligresti, divenuta vicenda politica scottante. Ma lei non si scompone, arriva con il suo consueto buonumore e si infila nella stanza del Segretario generale. «Qui devo "convincere" che quello che abbiamo fatto in sei mesi è una rivoluzione copernicana, ma ci sono persone che mi ascoltano per ciò che dico, senza retropensieri. Quindi sono tranquilla - dirà al Sole -. Ma sono tranquilla anche per domani perché racconterò la verità e chi ha onestà intellettuale non farà fatica a comprendere. Certo, sarà più complicato, perché si sono intrecciate mistificazioni e falsificazioni. Dovrò combattere contro la menzogna».

La parola «menzogna» torna spesso. «Continuare a dire che avrei tentato di far scarcerare Giulia Ligresti è una menzogna. Il Dap non può far scarcerare nessuno perché la scarcerazione la decide il giudice e io non ho parlato con nessun giudice. Il Procuratore Caselli ha detto chiaramente che non c'è stata alcuna interferenza esterna, eppure ancora oggi sui giornali si continua a parlare di scarcerazione. È una menzogna, una menzogna, una menzogna! - tuona -. Chi lo dice è falso, bugiardo, ignorante!». Ma tant'è. Oggi il ministro dovrà confutare quelle «menzogne», sebbene sia buona regola che chi accusa si assuma l'onere della prova. «In qualche caso procederò per le vie legali» dice lei, riferendosi, ad esempio, a chi le attribuisce beni e proprietà «inesistenti». Quanto alla "fiducia" politica, ricorda che ben due volte ha detto al presidente Letta di essere pronta a lasciare qualora diventasse «un peso per il governo». «Io non voglio fare del male al governo. Quindi, se la mia presenza è utile, resto; se è un peso, con lo stesso orgoglio faccio un passo indietro, perché ho a cuore l'interesse del Paese e il governo deve andare avanti. Ma Letta mi ha detto stai tranquilla, chiarisci appena possibile in Parlamento. Ed è quello che farò domani (oggi, ndr) perché mercoledì devo entrare in ospedale per operarmi alla spalla».

Il «chiarimento» politico, peraltro, ha già fatto una vittima: il carcere. Nelle intenzioni di Cancellieri, infatti, c'era quella di approvare le misure sul sovraffollamento con decreto legge (si veda l'articolo in questa pagina) appena rientrata da Strasburgo, cioè oggi pomeriggio, al massimo mercoledì mattina, anche per dimostrare all'Europa la serietà delle intenzioni del governo. Invece tutto è slittato e a questo punto non si sa quando. Domanda d'obbligo: se resterà ministro, è disposta a difendere quel decreto anche con la fiducia? «Se continuerò sono pronta a fare anche le battaglie più difficili. O c'è fiducia e stima o niente».

Cancellieri non vuole entrare nel merito dell'operato della famiglia Ligresti. Ripete come un mantra di aver solo raccolto la segnalazione di una persona che stava molto male e voleva essere certa che tutto fosse sotto controllo. «Ma quale scorciatoia! - esclama - Anche il mio pescivendolo ha il mio numero di telefono. Farei la stessa cosa per chiunque, ricco o povero, immigrato o mafioso». Quanto all'amicizia con i Ligresti, precisa che l'amicizia in realtà è con Antonino, da molti anni. «Il resto sono conoscenze più o meno approfondite. E poi - chiede - è mai successo qualcosa nella mia vita per cui sia venuta meno ai miei doveri? Non l'ho mai fatto e non lo farei neanche per mio fratello». Esclude in modo assoluto che nella telefonata di solidarietà, all'indomani degli arresti, quel «Non è giusto, non è giusto» si riferisse alla magistratura o all'inchiesta in corso. «Se non fosse così, non crede che i magistrati avrebbero approfondito?». Insomma, «stiamo ai fatti, lasciamo perdere le fantasie». Dimissioni? «Se servisse al mio Paese, non farei fatica a lasciare. Ma di che cosa stiamo parlando? E poi, non chino la testa di fronte alle strumentalizzazioni, ma solo di fronte alla verità». Ultima domanda: con il senno di poi, rifarebbe tutto tale e quale? Risposta: «Glielo dico con il cuore in mano: tutti sappiamo che ogni nostro atto può essere rischioso, ma io ho voluto farlo lo stesso perché ho fatto prevalere i sentimenti, senza venir meno ai miei doveri. Forse è meglio essere tartufi, ipocriti, ma ognuno vive secondo la propria natura. E questa è la mia. Non posso farci niente».

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