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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2013 alle ore 06:43.

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MILANO
Un primo passo. Poi in futuro si vedrà su un'eventuale societarizzazione. Quella allo studio di Telecom Italia sembra essere a tutti gli effetti una versione "light" dello scorporo della rete. Un modo insomma per prendere tempo in attesa di tempi migliori, magari per arrivare a contare su un dividendo regolatorio da parte dell'Agcom.
A quanto risulta al Sole 24 Ore l'azienda ha allo studio un intervento sulla sua divisione che si occupa della gestione della rete. Open Access verrebbe a essere dotata di una sua contabilità separata. Non un bilancio con valenza civilistica, ma un prospetto a mo' di rendiconto con ricavi, costi, marginalità che verrebbero così a essere messi nero su bianco. Oggi la divisione ha una sua contabilità "regolatoria", indicativa però, sostanzialmente, solo di quanto sono prezzati determinati servizi.
Due i vantaggi della proposta allo studio. Innanzitutto quello del fare un altro passo in avanti verso la richiesta dell'equivalence of input, al centro del dibattito con l'Autorità per le garanzie delle comunicazioni. L'altro vantaggio è quello della trasparenza che, questa è la ratio, potrebbe aiutare in una seconda fase nell'ingresso di nuovi soci nella eventuale newco della rete, in primis la Cassa depositi e prestiti che rimane il principale interlocutore della partita.
L'ipotesi potrebbe essere portata al Cda del 7 novembre, ma su questo al momento non si hanno conferme. Quel che è però certo è che Telecom punta in questo modo a evitare di mettere una pietra tombale sul progetto di scorporo della rete fissa. Un primo progetto era stato presentato all'Agcom dall'ex monopolista a fine maggio, disegnando una rete, senza i Dslam, da 15 miliardi di euro di valore e 5 miliardi di ricavi stimati, che prevedeva l'impiego di 22mila dipendenti. Ci sarebbe stato bisogno di un ulteriore step presso l'Agcom che poi, alla fine, non ha avuto seguito.
E così quello che a settembre l'amministratore delegato Marco Patuano aveva definito come un progetto «pronto», dopo poche settimane, come confermato durante un incontro con i sindacati successivo al Cda che ha sancito l'uscita di scena dell'ex presidente esecutivo Franco Bernabè, ha finito per essere «congelato». Del resto, le stesse vicende societarie con le manovre della spagnola Telefonica in ascesa al timone di Telco, hanno fatto passare il tema dello scorporo in secondo piano per un certo periodo.
Ora il passo in avanti di Telecom. Le cui mosse successive andranno anche verificate alla luce dei "dividendi regolatori" che l'azienda auspica di ottenere dall'Agcom.
In questo senso, tuttavia, non giova di certo la posizione dell'Authority relativamente alle tariffe per l'unbundling (il costo d'affitto che gli operatori alternativi pagano all'ex monopolista per l'ultimo miglio della rete fissa). A quanto risulta al Sole 24 Ore, infatti, l'Agcom avrebbe deciso di andare per la sua strada sulle tariffe 2013, senza tener conto dei rilievi della Commissione europea che aveva tuonato contro quello che considera un eccessivo ribasso, penalizzante per Telecom, scontrandosi poi a sua volta con la bocciatura delle sue posizioni da parte del Berec, l'organismo dei regolatori europei.
Il 12 novembre scadono infatti i termini dell'interlocuzione a tre fra Agcom, Commissione Ue e Berec, dopo appunto la comunicazione ufficiale dei «seri dubbi» palesati da Bruxelles. Da allora la Commissione Ue ha un mese di tempo per arrivare a una raccomandazione che però, fanno sapere fonti dell'Authority, «non avrà valore vincolante. Certo, così facendo si potrebbero dilatare i tempi». Perché è vero che il il presidente dell'Agcom Angelo Cardani ha indicato «a fine anno» il target per rendere definitive le tariffe. Ma è altresì vero che fino alla possibile Raccomandazione il niet dell'Agcom è definitivo. Dopo – anche se l'ipotesi è remota – potrebbe subentrare qualche elemento tale da spingere a riprendere la "trattativa".
@An_Bion
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