Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 10 novembre 2013 alle ore 08:43.
Cosa sia la realtà è domanda affascinante, forse "la domanda", cui fisici e filosofi cercano di dare risposta nella costruzione di una visione del mondo. Sembra che i ruoli si compenetrino o si confondano ma non è così. Se è vero che le congetture filosofiche affascinano e catalizzano dibattiti creativi, la fisica, come d'altra parte tutte le scienze, ha bisogno di esperimenti riproducibili che verifichino o smentiscano le teorie. Una teoria fisica che "resiste" da particolarmente tanto tempo è la nuova meccanica che dalla fine degli anni Venti del secolo scorso spiega un mondo microscopico dove l'energia si scambia per "quanti", un mondo che viene visto grazie a "quanti" di luce, fotoni, e dove le onde possono essere particelle e le particelle onde – la meccanica quantistica. Einstein, pur essendone tra i fondatori, dubitava che la meccanica quantistica fosse una teoria completa, dato che essa non prevede l'esistenza di proprietà di un oggetto, quali che siano, indipendenti dall'osservazione sperimentale. Queste proprietà, che Einstein stesso chiamava elementi di realtà, prendono oggi il nome di variabili nascoste (ossia per noi inaccessibili, ma di per sé reali). Dal suo punto di vista, una teoria più completa avrebbe dovuto prevedere l'esistenza di variabili nascoste, insieme alla località, cioè che le conseguenze di un'azione si possano osservare solo là dove si opera l'azione stessa. Einstein con la sua relatività escludeva che gli effetti di un'azione fisica si potessero osservare istantaneamente a distanza, come accadrebbe se ci potesse essere trasmissione di informazione con velocità superiore a quella della luce. Questo "realismo locale" di Einstein fu questione da dibattito filosofico sino a quando nel 1964 John Bell pose il problema in termini verificabili con esperimenti che prevedessero la misura di proprietà fisiche di particelle distanti tra loro, ma legate l'un l'altra (correlate) da effetti quantistici. La filosofia poteva diventare fisica: una conferma oppure una smentita della "diseguaglianza di Bell" avrebbe segnato il confine tra non validità e validità della meccanica quantistica.
A metà degli anni '70 Alain Aspect, allora studente di dottorato, propose un esperimento reale, che si basava sulla rivelazione di due fotoni singoli ma correlati perché emessi insieme dalla stessa sorgente atomica: due fotoni viaggiano in direzione opposta l'uno all'altro e vengono "visti" da due rivelatori distanti dopo aver attraversato due polarizzatori (che ne analizzano le caratteristiche). Un'idea di quanto immaginifica e fuori dal tracciato tradizionale fosse l'avventura proposta da Aspect è data dal fatto che lo stesso Bell gli diede il viatico solo dopo essersi sincerato che il giovane francese avesse già uno stipendio fisso – come a dire che occuparsi di una questione così bizzarra ben difficilmente avrebbe potuto garantirgli una brillante carriera... . Nel 1981 e 1982 Aspect e i suoi realizzarono l'esperimento, tra l'altro costruendo artigianalmente i polarizzatori – oggi esposti nella vetrina storica dell'Institut d'Optique – che ruotando rapidamente potessero dare una risposta alla questione della "località". E contro le loro stesse iniziali aspettative, trovarono una conferma clamorosa alla meccanica quantistica e un'altrettanto netta smentita di ogni possibile teoria a variabili nascoste locali. Le conseguenze dell'esperimento erano destinate ad andare ben oltre la "semplice" dimostrazione della validità della meccanica quantistica. Infatti l'esperimento dimostra il ruolo fondamentale giocato dall'"entanglement", cioè da una sorta di "intricazione quantistica" che lega il destino dei due fotoni emessi dallo stesso atomo. In questo stato "entangled" la misura della polarizzazione di un fotone consente di dedurre con esattezza informazione sulla polarizzazione dell'altro: in altri termini, l'osservazione dello stato di un fotone consente di "leggere" lo stato del secondo fotone. L'esperimento si basa sulla correlazione tra due "bit" quantistici – sistemi quantistici che possono esistere ciascuno in due stati, quelle delle due polarizzazioni dei fotoni che pur son distanti tra loro. Proprio nel 1981 il Premio Nobel Richard Feynman, uno dei più grandi fisici teorici del secolo scorso, in un lavoro fondamentale meditava su come il mondo fisico potesse essere simulato dai calcolatori. Con la misteriosa capacità di guardare lontano che contraddistingue i grandi, Feynman discuteva la possibilità della meccanica quantistica di essere "imitata" dai calcolatori "classici" (quelli che ci sono familiari nella vita di tutti i giorni) ed in qualche modo mostrava la necessità dell'entanglement citato sopra, che correlando i tanti bit di memoria, consentisse lo sviluppo di "computer quantistici". Questi costituiscono oggi una sfida per molti di noi, ma anche un sogno da inseguire poiché un calcolatore quantistico sarebbe più potente dei calcolatori di oggi molto più di quanto questi sono più potenti degli abachi degli antichi. Si seguono nel mondo vie diverse, dai fotoni agli atomi ai dispositivi a stato solido o agli ioni, ma è stato l'esperimento di Aspect che ha dato l'incipit all'era dell'informazione quantistica. Questo viene riconosciuto dall'assegnazione ad Alain Aspect del Premio Balzan di quest'anno per l'informazione, il calcolo e la comunicazione quantistica. Completa o non completa che fosse, la meccanica quantistica nel secolo scorso ha prodotto vere rivoluzioni tecnologiche, basti pensare al laser o al transistor. La produzione ed il controllo dell'entanglement è alla radice di una seconda rivoluzione quantistica. Le prime avvisaglie sono nell'informazione "entangled" che trasmette dati in fibre ottiche in una nuova forma di crittografia. Applicazioni immediate potrebbero dimostrare la rilevanza della sicurezza quantistica rispetto alle intercettazioni di NSA & Co, il quantum sensing potrebbe avere applicazioni diagnostiche – si pensa di fotografare l'attività di singoli neuroni, o, ancora, la metrologia con orologi atomici per la navigazione satellitare potrebbe compiere un ulteriore balzo in avanti. Tuttavia, come sempre nelle rivoluzioni scientifiche e tecnologiche, il futuro sarà tutto da scoprire. Mi piace concludere su come anche questo tratto di percorso rivoluzionario dell'ottica e dell'informazione quantistica nasca da curiosità e libertà. Alla fine degli anni '70, a Pisa, sentimmo di queste nuove idee che trasformavano la filosofia in fisica e quindi in tecnologia dal giovane studente francese, non ancora trentenne, che il nostro caposcuola Adriano Gozzini volle presentarci come spirito libero in cerca di soddisfare la propria curiosità.