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Questo articolo è stato pubblicato il 11 novembre 2013 alle ore 07:46.
L'ultima modifica è del 11 novembre 2013 alle ore 08:27.

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Circa ottanta persone sono state giustiziate in pubblico all'inizio di novembre in sette città diverse della Corea del Nord, escludendo Pyongyang, in quelle che sono considerate come le prime esecuzioni su vasta scala da quando il "giovane generale" Kim Jong-un ha preso il potere.

Lo riferisce il quotidiano sudcoreano JoongAng, citando fonti anonime vicine a Pyongyang, secondo cui gli episodi sarebbero avvenuti il 3 novembre come reazione all'aver commesso reati "relativamente" leggeri, dalla visione di film sudcoreani fino alla distribuzione di materiale pornografico.

Circa 10 persone sono state giustiziate in città quali Wonsan (provincia di Kangwon), Chongjin (Nord Hamgyong), Sariwon (Nord Hwanghae) e Pyongsong (Sud Pyongan). A Wonsan, secondo la fonte, in otto sarebbero stati legati in un'arena locale a pali e incappucciati con sacchi bianchi prima di essere finiti a colpi di mitragliatrice. Le accuse, in questo caso, includerebbero la prostituzione e il possesso di una Bibbia.

L'iniziativa delle esecuzioni pubbliche, come già avvenuto in passato, è valutata come una misura estrema del governo centrale al fine di stroncare disordini pubblici o "accelerate di forme di capitalismo" nei progetti di sviluppo curati dal regime.

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