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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2013 alle ore 15:11.
L'ultima modifica è del 12 novembre 2013 alle ore 15:19.

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Anche a qualche giornalista, presumibilmente amico, i consiglieri regionali dell'Emilia Romagna facevano le ricariche dei cellulari, chiedendone poi ovviamente i rimborsi attinti dalle tasche dei cittadini, che altrimenti ognuno ricarica a spese sue chi gli pare. Eccola qui l'ultima perla che salta fuori dalla Procura di Bologna alle prese con l'inchiesta sulle spese pazze degli eletti in viale Aldo Moro. Altro che "ti faccio uno squillo e poi mi richiami", come capita tra amici con la scheda agli sgoccioli, no: i consiglieri della Regione un tempo virtuosa, in realtà parecchio viziosa, non facevano una piega a ricaricare la sim di persone che poco o niente avevano a che fare con il gruppo consiliare o l'amministrazione.

E non è nemmeno che nei 19 mesi sui quali la magistratura indaga i 50 eletti abbiano chiamato (e ricaricato) poco: secondo le pezze d'appoggio in mano alla Finanza il Pd ha chiesto (e ottenuto) rimborsi per 78mila euro, il Pdl per 43mila, la Lega per 39, l'Idv 4mila e 600, i grillini per 4mila e cinquecento, Sel-Verdi per 18mila, la Federazione sinistra per 1.900, l'Udc per 8mila e il gruppo Misto per 1.200. A conti fatti i consiglieri (e i loro collaboratori, amici, parenti, giornalisti e femiamoci qui) sono costati alle casse della Regione, solo per le telefonate, 198mila e 200 euro.

E allora sembra di vedere quel vecchio spot della Sip: "Mi costi, ma quanto mi costi?". Perché poi in effetti alle spese per i cellulari vanno sommate quelle per i telefoni fissi e lì sarà impossibile stabilire se chi li ha usati lo ha fatto per attività istituzionale o per altri scopi non previsti dal regolamento.

Intanto sono in molti a chiedere che l'inchiesta condotta dalle pm Morena Plazzi e Antonella Scandellari, con la supervisione del Procuratore capo Roberto Alfonso e del suo vice, Valter Giovannini, si chiuda il più velocemente possibile. «Chi chiede tempi rapidi ha ragione —ha spiegato lo stesso Giovannini — ma, come ha già ricordato il procuratore Roberto Alfonso, per la mole dei dati da esaminare questa è un'indagine di tipo non ordinario, che dobbiamo affrontare con mezzi limitati». Si parla di oltre 40mila voci da passare al setaccio. Perché poi, in effetti, sono molti i pezzetti di loglio che rimangono incastrati: oggi sono state le ricariche a impigliarsi, ieri le cene e gli alberghi, i divani e i monili di Tiffany, le bottiglie di spumante e i panettoni, le tutine da neonato e le penne da 500 euro. Più che un palazzo della pubblica amministrazione, quello della Regione Emilia Romagna sembra la sede decentrata di E-Bay, basta cercare e ci trovi tutto, anche se non sempre a prezzi stracciati.

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