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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 07:16.

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Una montagna di soldi nascosti al fisco. Le ricchezze esportate in Svizzera dagli italiani ammontano nel 2013 a 120 miliardi di euro, l'80% dei quali sono frutto di evasione fiscale. Il calcolo è di Gabriel Zucman, professore alla London School of Economics e ricercatore all'Università di Berkeley, che ha sintetizzato le sue analisi nel libro "CF522.La richesse cachée des nation/CF", pubblicato la scorsa settimana in Francia dall'editore Seuil.

Secondo lo studio del professore della London School of Economics, i cui dati sono aggiornati a ottobre 2013, le banche svizzere gestiscono 1.800 miliardi di euro appartenenti a persone non residenti nella Confederazione. La parte più consistente, 1.000 miliardi sono di cittadini europei: 200 miliardi sono di contribuenti tedeschi, 180 di francesi, 120 di italiani, 110 di cittadini della Gran Bretagna, 80 di spagnoli, 60 di greci, 30 di portoghesi e 160 miliardi di euro di persone di altre nazionalità del Vecchio continente.
Zucman ha utilizzato le statistiche esistenti per raccordare tutti i dati relativi ai paradisi fiscali e alle ricchezze che vi sono celate: ha analizzato gli investimenti internazionali, le bilance dei pagamenti e i loro squilibri, i bilanci delle banche e le loro posizioni fuori bilancio, i conti delle multinazionali e gli archivi degli istituti di credito elvetici e della Banca nazionale svizzera. Le imperfezioni sono numerose e i risultati non sono definitivi, avverte Zucman, ma si tratta dei dati più precisi e dettagliati che siano finora stati elaborati.

Dei 1.800 miliardi gestiti dalle banche svizzere - che equivalgono al 6% del patrimonio finanziario delle famiglie nella Ue -, soltanto una piccolissima parte (200 miliardi) è depositata nei conti correnti. La maggior parte entra nel circuito finanziario mondiale e viene investita in fondi comuni, azioni e obbligazioni. In particolare Zucman registra 600 miliardi piazzati nei fondi d'investimento lussemburghesi, 150 miliardi in fondi irlandesi, 400 miliardi in azioni internazionali e altri 450 miliardi investiti in obbligazioni. È possibile, avverte l'autore del libro, che le fortune offshore detenute in Svizzera siano anche maggiori dei 1.800 miliardi che Zucman è riuscito a ricostruire. È possibile che la cifra possa lievitare a 2.000-2.200 miliardi di euro, visto che alcuni conti potrebbero essere intestati a prestanome svizzeri anche se in realtà i beneficiari sono cittadini stranieri.

C'è un dato, infatti, che registra la difficiltà di identificare i reali possessori delle ricchezze celate nella Confederazione: più del 60% dei conti sono controllati attraverso l'interposizione di società schermo registrate a Panama, di trust delle Isole vergini britanniche o di fondazioni domiciliate in Liechtenstein.
In Svizzera, naturalmente, non arrivano soltanto i soldi che fuoriescono dai paesi europei. Zucman ha calcolato che negli istituti elvetici siano depositati anche 180 miliardi provenienti dai paesi del Golfo, altri 180 dall'India, 170 dall'america latina, 120 dall'Africa, 90 dall'America del Nord e 50 miliardi di euro dalla Russia.
Nonostante la guerra scatenata dagli Stati Uniti alle banche svizzere, la Confederazione elvetica si conferma come il paese più attrattivo per soldi frutto di evasione fiscale. Dall'aprile 2009, data del summit di Londra nel quale i paesi del G20 decretarono solennemente - e forse troppo precipitosamente - «la fine del segreto bancario», le ricchezze straniere depositate e gestite in Svizzera sono aumentate del 14%. E questo nonostante la crisi economica mondiale.

Nei paradisi fiscali, secondo il calcoli di Zucman, si trova l'8% del patrimonio finanziario mondiale delle famiglie. Su 73mila miliardi di euro di ricchezza finanziaria, 5.800 miliardi sono nelle giurisdizioni offshore: il 30% in Svizzera, il restante 70% suddiviso tra Honk Kong, Singapore, le Isole Caiman e le altre mete esotiche a tassazione nulla o ridotta.
Il segreto bancario "costa" agli stati ogni anno 130 miliardi di mancati introiti fiscali, secondo un calcolo minimo effettuato da Zucman: 80 miliardi per frode sulle imposte sui ricavi, 45 miliardi per mancate imposte sulle successioni e 5 miliardi per frode sulle imposte sulla ricchezza. In realtà solo in Italia le stime più accreditate parlano di 120-150 miliardi di mancato gettito fiscale.
Quali strategie si possono mettere in campo per combattere la frode fiscale e i paradisi offshore? Zucman ipotizza tre misure. La prima è la creazione di un catasto mondiale delle proprietà finanziarie, dove registrare i nominativi dei possessori di titoli, fondi e obbligazioni. La seconda misura è lo scambio automatico di informazioni bancarie esteso anche ai paradisi fiscali. La terza è la creazione di un'inmposta globale progressiva sulle fortune, in modo che le società versino le imposte globalmente e non paese per paese. In questo modo si eviterebbe la trappola dei transfer pricing e le frodi fiscali come quella da un miliardo di euro ipotizzata dalla procura di Milano nei confronti di Apple.

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