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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 07:32.

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PARIGI. Dal nostro corrispondente
Suspense fino all'ultimo minuto sulla partecipazione o meno di Air France-Klm all'aumento di capitale di Alitalia. E quindi, di fatto, al suo salvataggio. Una comunicazione del gruppo franco-olandese, inizialmente prevista per ieri sera - al termine del consiglio dell'ex compagnia di bandiera, nel quale Parigi ha quattro rappresentanti - è stata rinviata a questa mattina. E nella tarda serata di ieri fonti vicine al dossier assicuravano che tutte le opzioni erano ancora sul tavolo. Tant'è che, a quanto sembra, erano pronti due comunicati: uno per annunciare la decisione di sottoscrivere l'aumento e l'altro di contenuto esattamente opposto. In attesa del via libera del presidente onorario di Air France-Klm Jean-Cyril Spinetta (gli altri tre consiglieri sono il direttore finanziario Philippe Calavia, che a fine anno andrà in pensione, l'ex presidente di Klm ed ex numero due del gruppo Peter Hartman e Bruno Matheu, direttore generale delle attività di lungo raggio di Air France) al termine di un cda dall'esito evidentemente alquanto incerto.
Al quartier generale parigino si limitavano a ribadire la posizione ufficiale sempre sostenuta in queste difficili settimane: Air France-Klm, principale azionista con il 25%, non vuole abbandonare Alitalia al suo destino; ma sottoscriverà l'aumento (la sua quota parte sarebbe di 75 milioni) solo in presenza di una serie di "condizioni rigide" tali da garantire all'ex compagnia di bandiera una prospettiva di lunga durata e un ritorno certo alla redditività.
Ovviamente il presidente del gruppo, Alexandre de Juniac, non ha mai spiegato nel dettaglio in cosa consistono queste condizioni, ma ne ha più volte indicato le grandi linee: una ristrutturazione del debito; una riorganizzazione industriale "molto forte" che preveda il taglio dell'offerta a corto-medio raggio e una stabilizzazione dei collegamenti intercontinentali (con la conferma per Fiumicino del ruolo di hub, il terzo dell'eventuale futuro gruppo, sia pure con un ruolo subalterno rispetto a Roissy e Schipol); una importante riduzione dei costi con il ricorso a tutti gli ammortizzatori sociali disponibili.
Il piano industriale presentato a luglio non andava in questa direzione ed è stato bocciato. Ma neppure quello messo a punto negli ultimi giorni dall'amministratore delegato Gabriele Del Torchio sembrava in grado di soddisfare le richieste di Air France-Klm. Il cui orientamento pareva quindi essere quello di non aderire all'aumento e di veder la propria quota azionaria diluita a un livello compreso tra il 6 e il 10 per cento. A meno di ulteriori, significativi ritocchi.
L'Italia - quarto mercato europeo e terzo mercato per Air France-Klm, legata ad Alitalia da un accordo commerciale - ha d'altronde un interesse strategico per il gruppo. Che non vuole correre il rischio di perdere posizioni a vantaggio dei concorrenti (in primis le compagnie del Golfo e le low cost), ma non può neppure permettersi - impegnato a sua volta in una complessa e delicata operazione di risanamento - di perdere altri soldi.
Il rinvio di alcuni giorni del periodo entro il quale sottoscrivere l'aumento potrebbe consentire di cercare una via d'uscita a questa impasse. Forse qualche spazio c'è ancora, anche se il voto contrario dei consiglieri di Air France nel cda di ieri sembra chiudere la porta all'ipotesi di un accordo.
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