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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:43.

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La Consob e la procura di Roma indagano su Telecom Italia. Due vicende distinte si intrecciano in uno dei momenti più difficili per la società di telecomunicazioni. La Commissione sulle società e la Borsa vuole vederci chiaro sulle decisioni prese giovedì 7 novembre dal consiglio di amministrazione della compagnia, in particolare quelle che riguardano la vendita della quota in Telecom Argentina e l'emissione del prestito "convertendo" da 1,3 miliardi di euro. Da giorni la commissione lavorava in gran segreto, ma ieri lo schieramento di decine di uomini coadiuvati dai militari del Nucleo valutario della Guardia di Finanza di Milano non è passato inosservato nella sede legale della società, in Piazza degli Affari, a pochi passi dalla Borsa. Le ispezioni hanno coinvolto anche la sede romana della compagnia.

Nello stesso tempo anche la procura di Roma ha acceso un faro sulla società. Per ora non ci sono ipotesi di reato e il fascicolo è contro ignoti ma i magistrati romani indagano da alcune settimane sulle vendita di Telco alla spagnola Telefonica. L'indagine, aperta d'ufficio, è stata affidata al pool reati economici coordinato dal procuratore aggiunto Nello Rossi, sulla base delle norme del Testo unico della finanza, che prevede scambi di informazioni tra la Consob e la magistratura anche in assenza di notizie di reato. Ma è possibile che le due vicende - l'inchiesta romana e le ispezioni della Consob - finiscano per intrecciarsi.

È stata la stessa Telecom Italia a confermare ieri pomeriggio le ispezioni. La società ha sottolineato in una nota di «aver sempre operato nel rispetto delle leggi e delle norme che regolano il mercato finanziario» e ha assicurato «la massima collaborazione». L'intervento della Consob, ha spiegato Telecom Italia, ha l'obiettivo di «acquisire informazioni relativamente all'emissione obbligazionaria "convertendo", alle procedure in corso per la cessione delle partecipazioni detenute dal gruppo in Telecom Argentina e alle procedure aziendali in materia di confidenzialità delle informazioni privilegiate e di tenuta del registro delle persone che vi hanno accesso». Si tratta, in sostanza, delle informazioni "price sensitive" in grado di condizionare l'andamento del titolo.

Nel cda del 7 novembre, oltre all'approvazione dei conti relativi ai primi nove mesi dell'anno, è stata deliberata l'emissione del convertendo ed è stato presentato il piano 2014-2016 messo a punto dall'amministratore delegato, Marco Patuano. Nel piano si ipotizza un rafforzamento patrimoniale di quattro miliardi di euro da ricavare, tra l'altro, con la cessione di Telecom Argentina e della rete di trasmissione in Italia e Brasile. Sia il convertendo, sia la decisione di cedere la controllata argentina, sono misure che sono state fortemente criticate dai rappresentanti delle minoranze, tra cui la Findim di Marco Fossati, azionista con il 5,004% di Telecom, e l'Asati, l'associazione dei piccoli azionisti.

A far partire l'iniziativa della Consob sarebbero state proprio le denunce di Fossati e di Asati. L'esposto di Marco Fossati punta sul convertendo, bond che Findim non è riuscita a sottoscrivere. Fossati chiede alla Commissione di fare chiarezza sulle modalità con cui è avvenuto il collocamento, annunciato giovedì sera dopo il cda di Telecom e concluso venerdì prima dell'apertura dei mercati.
Asati, dal canto suo, aveva puntato i riflettori sulla diffusione di informazioni privilegiate, legate in particolare alla sottoscrizione di 200 milioni di euro del bond da parte di Blackrock. In alcune lettere inviate anche alla Consob, il presidente di Asati, Franco Lombardi, aveva richiesto la pubblicazione dei verbali del cda del 7 novembre e di conoscere «la posizione di tutti i consiglieri indipendenti nelle decisioni eventuali prese». Fossati è stato già sentito dalla Consob mentre Lombardi è stato convocato per oggi. Gli accertamenti della Consob potrebbero concludersi con un nulla di fatto ma anche con l'invio di rilievi alla società telefonica. Nel caso più gravi potrebbe scattare la comunicazione alla magistratura.

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