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Questo articolo è stato pubblicato il 14 novembre 2013 alle ore 07:28.

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Gli inviati europei cercano di fare buon viso a cattivo gioco: non tutto è perduto. «C'è ancora tempo fino al 19 novembre, speriamo ci sia la volontà di trovare un compromesso», si augura Aleksander Kwasniewski, l'ex presidente polacco tornato ieri sera a Bruxelles da Kiev dove, insieme all'irlandese Pat Cox, ex presidente dell'Europarlamento, ha forse visto tramontare l'Accordo di associazione politica e libero scambio con la Ue che l'Ucraina avrebbe dovuto firmare il 28 novembre prossimo.
Attorno alla scelta di Kiev, vista con crescente irritazione da Mosca, si era creata una grande attesa: in un Paese dove l'opinione degli abitanti è spesso lo specchio della posizione geografica, anche più della metà si sente parte dell'Europa. E le condizioni poste per approvare l'integrazione puntano a rendere l'Ucraina più somigliante alla Ue: in vista dell'Accordo il Parlamento di Kiev ha approvato diverse riforme, puntando a un miglioramento dello stato di diritto e delle condizioni di lavoro per le imprese. Ma l'ultima richiesta, su cui il presidente ucraino Viktor Yanukovich ha cercato di temporeggiare fino all'ultimo, è la scarcerazione della grande rivale dell'attuale presidente. Nel 2011 Yulia Tymoshenko è stata condannata a sette anni per abuso di potere: non un atto di giustizia, dicono a Bruxelles, ma una vendetta politica verso la signora dalla treccia bionda che nel 2004 aveva costretto Yanukovich a farsi da parte, per lasciare il posto alla Rivoluzione arancione.
Se per qualche tempo era sembrato che liberare la Tymoshenko e consentirle di curarsi in Germania fosse per Yanukovich un prezzo accettabile da pagare in cambio dell'integrazione con il mercato europeo, a poco a poco a Kiev l'entusiasmo si è raffreddato, mentre aumentavano i brontolii dalla Russia. Tanto più che Yanukovich rischia di ritrovare la rivale alle prossime elezioni, decisa a tutto - come ha detto di recente - pur di «liberare l'Ucraina dalla dittatura».
Ieri i deputati della Verkhovna Rada avrebbero dovuto approvare la legge su cui appoggiare la scarcerazione. Ma il Partito delle Regioni che sostiene Yanukovich non è riuscito a trovare un punto di incontro con l'opposizione, e il voto è stato rinviato di una settimana, al 19 novembre. Troppo tardi per la Ue: il termine per liberare Yulia è il 18, quando i ministri degli Esteri della Ue si riuniranno per dare il loro verdetto. L'accordo di Vilnius ora è davvero a rischio.
Questa porta che si chiude spalancherebbe a Yanukovich quella dell'Unione doganale, prime prove di integrazione tra i mercati di Russia, Bielorussia e Kazakhstan. Un gruppo in cui gli ucraini sembravano soddisfatti di un ruolo di osservatori, poiché l'integrazione con la Ue non è considerata compatibile con il trattamento preferenziale con la Russia. Ma improvvisamente, Yanukovich è apparso dare ascolto a una delegazione di imprenditori e industriali preoccupati dal confronto con la concorrenza europea: martedì gli hanno chiesto di rinviare di un anno l'accordo con la Ue, per dare loro il tempo di prepararsi. Oppure - così la vede il campione di boxe Vitaly Klitschko che sfiderà Yanukovich alle presidenziali - «per decidere se l'Ucraina sarà una repubblica delle banane o un Paese europeo».
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