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Questo articolo è stato pubblicato il 15 novembre 2013 alle ore 06:43.
L'ultima modifica è del 19 giugno 2014 alle ore 10:43.

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ROMA - Continua a temporeggiare Silvio Berlusconi. Lo ha fatto anche nell'incontro dell'altra sera con il suo (ex) delfino Angelino Alfano. E lo ha fatto anche per tuta la giornata di ieri evitando di rispondere alle richieste che il segretario del Pdl gli aveva presentato mercoledì durante la cena a Palazzo Grazioli: prima fra tutte, la conferma del sostegno al governo anche dopo la sua decadenza da senatore per la condanna nella vicenda Mediaset.
«Sta a Berlusconi ora fare una proposta, dirci se ha cambiato idea rispetto al 2 ottobre quando rinnovammo la fiducia al governo», sosteneva ieri sera Andrea Augello uscendo dall'ennesima riunione con Alfano, i ministri e i parlamentari a lui vicini che si sono dati appuntamento per oggi alle 13. La speranza del segretario è che la notte porti consiglio al Cavaliere. Alfano durante la riunione di ieri sera ha ribadito tutta la sua solidarietà a Berlusconi per le aggressioni giudiziarie subite in questi anni assicurando il massimo impegno per difenderlo da ulteriori attacchi in futuro. Ma, nello stesso tempo, il vicepremier ha confermato che per il bene del Paese e la tutela degli interessi nazionali è necessario continuare a sostenere il governo Letta e non invece «come vorrebbero i falchi andare verso una crisi al buio».

Ma a Palazzo Grazioli ieri ospiti del Cavaliere sono stati proprio i falchi. Denis Verdini nel pomeriggio e a cena il leader dei lealisti Raffaele Fitto, che ritiene inaccettabile la richiesta di far slittare il Consiglio nazionale come vorrebbe invece Alfano. Infine a tarda sera, a varcare il portone della residenza romana dell'ex premier sono stati i "pontieri" Maurizio Gasparri e Paolo Romani a cui era stata affidata l'ultima mediazione. Il bilancio delle consultazioni dei mediatori è stato tuttavia deludente. A ventiquattr'ore dal Consiglio nazionale, la prospettiva della scissione continua ad essere quella con maggiori probabilità.

L'ipotesi di far slittare a dopo il voto sulla decadenza (27 novembre), la scelta sul sostegno al governo è stata respinta dai governativi. Anche perché la decisione finale sarebbe stata demandata all'ufficio di presidenza del partito, dove, come è noto, i falchi sono in maggioranza. Alfano continua chiedere a Berlusconi di mantenere separata la questione della decadenza da quella del governo. Ma il Cavaliere non offre garanzie. Anzi, al contrario ripete che è impossibile rimanere alleato con chi ha deciso di cacciarlo dal Parlamento.

Sono le stesse parole che risuonano in bocca ai falchi i quali non vedono l'ora di sbarazzarsi delle colombe. Anche loro infatti hanno respinto la proposta dei mediatori laddove garantiva ai governativi uno dei due coordinatori della futura Forza Italia con tanto di potere di firma sulle liste elettorali. «Certo loro sono in minoranza e vorrebbero avere lo stesso nostro peso?» è stata la reazione dei lealisti.

Berlusconi non sa che fare. Ormai consapevole che il governo potrà andare avanti anche se dovesse decidere di uscire dalla maggioranza. «Al Senato siamo già 32», garantiva ieri un senatore vicino ad Alfano, assicurando anche che i lealisti non avrebbero neppure la maggioranza dei due terzi del Consiglio nazionale, necessaria per modificare lo statuto del Pdl e sancire il passaggio a Forza Italia.

Il Cavaliere fino all'ultimo tenterà di trovare se non la pace almeno un armistizio che gli consenta di arrivare al voto sulla decadenza con un partito unito. Ma allo stato questa ipotesi resta la meno probabile. Anche perché per i lealisti la partita o la si gioca ora, con la legge di stabilità ancora da approvare, oppure «sarà tutto inutile».

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