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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2013 alle ore 11:47.

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Non c'è solo la comprensibile paura dell'atomo impazzito, che ha travolto l'Europa con Chernobyl e poi tutto il mondo con Fukushima. Il nuovo nucleare impone una rete di sicurezza poderosa, e assai costosa. E potrebbero essere proprio questi costi a mettere decisamente fuori gioco le nuove centrali europee, a cominciare da quelle progettate per sostituire gli impianti a fine vita. Il segnale, inequivocabile, viene dall'Inghilterra: l'accordo raggiunto a Londra tra le autorità britanniche e gli artefici del nuovo reattore di Hinkley Point, ovvero le francesi Edf e Areva e i cinesi Cng e Cnnc, segnano infatti una vera debacle, almeno dal punto di vista della compatibilità economica.

L'energia prodotta dalla centrale, che comunque sfornerà il primo elettrone non prima del 2023, verrà pagata almeno l'equivalente attualizzato degli attuali 109 euro a megawattora (92,5 sterline), il doppio del valore di mercato dell'elettricità britannica. E tutto il maggior costo sarà prelevato dai consumatori con le bollette.
A produrre questo risultato è stata l'ostinazione nel governo britannico nel voler riproporre un nuovo piano nucleare che prevede ben 12 nuove centrali nonostante le riserve degli operatori a imbarcarsi nell'avventura. E proprio per superare queste riserve - sottolineano gli analisti - Londra si è dovuta piegare ad un pesante incentivo.

Anzi ad un sistema integrato di incentivi. Il contract for difference, che si fonda appunto su un prezzo d'acquisto "pubblico" dell'elettricità atomica garantito per quarant'anni dall'inizio dell'operatività dell'impianto (stroke price) fa parte di un sistema di garanzie pubbliche che garantisce al 65% il colossale investimento da 16 miliardi di sterline necessario al progetto.
Anche perché le incognite non sono solo finanziarie. L'impianto, che sarà realizzato nel Somerset, prevede due nuovi reattori da 1600 megawatt ciascuno in tecnologia Epr, la controversa soluzione francese per il nucleare "di terza generazione e mezzo" messa in campo da anni nel Paese d'oltralpe a Flamanville, in Finlandia (Okiluoto), in cronico e problematico ritardo e con costi in continuo decollo. Tant'è che la nostra Enel, già partner della centrale in costruzione in Francia, dopo tanto penare si è sfilata.

Nel frattempo per il nuovo nucleare inglese sembra perdere quota il tentativo degli attuali partner franco-cinesi di aprire il loro consorzio ad altri partner per almeno il 15% del pacchetto azionario. Non per scarsa volontà di ampliare la compagine ma per mancanza, si dice, di offerenti.
Sta di fatto che la Gran Bretagna, già dipendente dal nucleare per una buona quota della sua energia e con le vecchie centrali avviate all'obsolescenza, ha grossi problemi di equilibrio energetico. A fine estate l'allarme è arrivato dall'operatore delle reti National Grid, seguito il mese scorso dai risultati di un rapporto commissionato dal governo all'Accademia Reale di ingegneria: il prossimo inverno dovrebbe essere relativamente al sicuro, ma in mancanza di un riequilibrio della rete quello successivo potrebbe riservare diffusi blackout se il freddo morderà molto o se alle operazioni di normale manutenzione delle centrali dovesse aggiungersi qualche fermo non programmato.

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