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Questo articolo è stato pubblicato il 18 novembre 2013 alle ore 06:46.

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Per la giurisprudenza recente della Cassazione le tabelle millesimali possono essere approvate a maggioranza, anziché all'unanimità. Ma questo orientamento sembra contrastare con l'articolo 69 delle disposizioni attuative del Codice civile, modificato dalla riforma del condominio (legge 220/2012): al comma 1 sembra porre una norma di sbarramento, precisando che le tabelle millesimali possono essere rettificate o modificate all'unanimità e, solo in alcuni casi, a maggioranza qualificata. Ma andiamo con ordine.
Le Sezioni unite della Cassazione, con la sentenza 18477 del 2010, hanno chiarito che le tabelle millesimali servono solo a esprimere, in precisi termini aritmetici, un rapporto di valore già esistente tra i diritti dei vari condomini. La loro approvazione, quindi, non incide sulla consistenza dei diritti reali che spettano a ciascun condomino. Piuttosto, è un atto di mera natura valutativa del patrimonio solo ai fini della distribuzione del carico delle spese condominiali e della misura del diritto di partecipazione alla formazione della volontà assembleare del condominio. Le tabelle millesimali, quindi, non hanno natura negoziale. Di qui discenderebbe la possibilità di approvarle a maggioranza e non all'unanimità.
Che non sia necessaria l'unanimità dei condomini per l'approvazione e la revisione delle tabelle millesimali lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza 21950 del 25 settembre scorso. In base a questa pronuncia, in particolare, è sufficiente la maggioranza qualificata prevista dall'articolo 1136, comma 2, del Codice civile, vale a dire tanti voti che rappresentino la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
L'articolo 69 delle disposizioni attuative del Codice civile, come modificato dalla riforma del condominio, interviene sulla materia, ma si occupa solo di rettifica e modifica delle tabelle millesimali e non della loro approvazione. Nel dettaglio, la norma stabilisce che le tabelle millesimali si possono rettificare o modificare, di regola, all'unanimità. È poi possibile la rettifica o la modifica con la maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 2, del Codice civile, anziché all'unanimità, solo in alcuni casi: quando le tabelle sono conseguenza di un errore o quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, il valore proporzionale dell'unità immobiliare, anche di un solo condomino, si è alterato per più di un quinto.
L'articolo 69 sembra quindi limitare la possibilità di intervenire sulle tabelle millesimali a maggioranza in alcuni casi ben determinati e non in generale come afferma invece la recente giurisprudenza.
Ma dal confronto tra norme e sentenze emerge un altro contrasto. L'articolo 69, all'ultimo comma, precisa infatti che «le norme di cui al presente articolo si applicano per la rettifica e la revisione delle tabelle di ripartizione delle spese redatte in applicazione dei criteri legali o convenzionali». Da questa norma emergerebbe quindi che la maggioranza prevista dall'articolo 1136, comma 2, del Codice civile si potrebbe utilizzare, oltre che nei casi delimitati dall'articolo 69 stesso, per rettificareo rivedere le tabelle che derogano ai criteri legali. Si tratta di una possibilità confermata dalla giurisprudenza. Infatti la Cassazione, con la sentenza 11387 del 13 maggio scorso, ha chiarito che l'intervento a maggioranza sui criteri legali o convenzionali di riparto non comporta alcun inconveniente nei confronti dei condomini: chi si sente danneggiato può chiedere la revisione, in base all'articolo 68 delle disposizioni di attuazione del Codice civile.
Si tratta però di posizioni che contrastano con l'orientamento delle Sezioni unite della Cassazione che, nella sentenza 18477 del 2010, aveva ribadito la necessità del consenso unanime per derogare ai criteri legali di ripartizione.
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