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Questo articolo è stato pubblicato il 19 novembre 2013 alle ore 08:00.
TARANTO
Sostanzialmente chiusa la fase di consultazione aperta un mese fa sul piano delle misure ambientali dell'Ilva di Taranto, i tre esperti nominati dal ministro Andrea Orlando (Giuseppe Genon del Politecnico di Torino, Marco Lupo già dirigente del ministero dell'Ambiente e Lucia Bisceglia di Arpa Puglia) si accingono a valutare le diverse osservazioni pervenute quasi tutte negli ultimi giorni. Hanno scritto tra gli altri le associazioni ambientaliste (Legambiente, Peacelink, Impatto Zero), l'Arpa Puglia, il Comune di Taranto, la Fiom Cgil. Proprio nei giorni scorsi a Taranto il ministro Orlando ha auspicato che ci fossero contributi e proposte dall'esterno «in modo da superare con la partecipazione - ha detto - ciò che eventualmente non è stato attentamente considerato».
A una prima lettura delle diverse osservazioni, emerge subito il comune denominatore delle critiche. In sostanza, il piano non piace. E non solo perché colloca i 36 mesi di attuazione delle prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata all'Ilva, a partire dal 4 agosto scorso, cioè quando è entrata in vigore la legge 89 con le misure per la salvaguardia di ambiente, salute e lavoro nei siti industriali di carattere strategico nazionale (è la legge che ha commissariato l'azienda), e non più dal 26 ottobre 2012, quando l'Aia è stata varata dal ministero. Infatti, oltre alla revisione dei tempi, che si rende comunque necessaria poichè ci sono ritardi imputabili alla proprietà dei Riva e non alla gestione commissariale, le contestazioni riguardano anche le singole prescrizioni. L'Arpa Puglia, per esempio, chiede che vi siano «limiti prescrittivi per le emissioni convogliate in atmosfera specifici per ciascun punto di emissione presente all'interno del siderurgico, invece di limiti riferiti alle diverse aree produttive sulla base del criterio di compensazione dei limiti emissivi» che per l'Arpa non si può applicare all'Ilva. E ancora l'Arpa chiede una «valutazione tecnica preliminare delle emissioni fuggitive» delle cokerie mentre per gli altiforni sollecita «una valutazione dei rischi connessi alla presenza di monossido di carbonio negli ambienti lavorativi al fine di determinare le aree con potenziale presenza di CO in atmosfera».
Stop immediato alle fonti di pericolo chiede invece il Comune di Taranto, per il quale se l'Ilva è stata commissariata per «un pericolo oggettivamente grave e rilevante per la salute, tale pericolo, in ragione di ulteriori ritardi, deve cessare integralmente fino al completo adeguamento degli impianti alle prescrizioni Aia e ogni valutazione dell'efficacia in termini sanitari e ambientali delle stesse, costituisce irrinunciabile presupposto all'eventuale ripresa dell'esercizio». Inoltre il Comune, alla luce del Rapporto di valutazione del danno sanitario che stima un rischio cancerogeno residuo anche ad Aia attuata, chiede «di applicare da subito una riduzione ulteriore (rispetto a quanto previsto dal riesame Aia 2012) della capacità massima produttiva dello stabilimento».
Da vedere, ora, come risponderanno gli esperti alle osservazioni. Dal via libera al piano ambientale, prevede la legge, dipende anche il varo del piano industriale dell'Ilva.
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