La guerra delle valute passa dal controllo sull'oro. E così che i Paesi (ri)emergenti vogliono fare le scarpe al dollaro
Occidente e Oriente hanno strategie diverse sul metallo giallo. Il primo lo vende, il secondo ne fa incetta. Per rilanciare una nuova valuta di ultima istanza e per arginare il potere del biglietto verde
di Vito Lops
3. La strategia degli "anti-dollaristi": aumentare il peso delle proprie valute con le riserve d'oro

(Corbis)
«L'oro fisico è così detestato dai "dollaristi" perché non è manipolabile (anche se hanno provato a fare lingotti con dentro il tungsteno; goffa truffa che è stata subito scoperta e che ha fatto infuriare i cinesi a cui il pacco è stato recapitato) e soprattutto perché è l'unico mezzo che estingue definitivamente un debito. Infatti, se emetto un bond per ripagare un bond o emetto moneta per pagare interessi non estinguo ma ingigantisco il debito e faccio la felicità sia di chi ha il potere di regolare questo flusso virtualmente infinito di denaro».
Del resto, alcuni recenti trend sembrerebbero andare nella direzione di chi sostiene che i nuovi emergenti vogliono limitare l'attuale potere del dollaro come valuta di riserva di ultima istanza attraverso la forza delle proprie valute sostenute da crescenti riserve in oro per ritagliarsi uno spazio adeguato nella governance globale.
"La Cina sta lavorando da anni per scalzare il predominio del dollaro come valuta di riferimento nei commerci mondiali, cercando al contempo di rafforzare la posizione dello yuan. I recenti accordi commerciali intrapresi con alcuni Paesi sembrano andare proprio in questa direzione – spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig -. Sono già diversi i trade in cui la Cina paga le importazioni in yuan e non più in dollari. Sembra quindi che l'attacco al biglietto verde possa avvenire più sul fronte yuan che non sull'oro".
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