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Questo articolo è stato pubblicato il 20 novembre 2013 alle ore 06:43.

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ROMA
La versione di Annamaria Cancellieri è contenuta in otto cartelle, uno speech di un quarto d'ora dai toni misurati, ma fermi. Anzitutto per riepilogare i fatti dell'ultimo mese sul caso Ligresti, in particolare quelli dell'ultima settimana, soprattutto l'ormai famosa terza telefonata del 21 agosto, «spuntata» dai tabulati telefonici acquisiti dalla Procura di Torino il 6 novembre (subito dopo il primo speech del ministro della Giustizia alle Camere) e finiti sui giornali anche se segreti, perché non ancora depositati. Da lì, dalla notizia di quella telefonata di 6 minuti e mezzo non citata espressamente nel verbale di interrogatorio del guardasigilli del 22 agosto, è partita la seconda ondata di accuse per le presunte «bugie» del ministro al Parlamento e ai magistrati, che ha tenuto banco per quattro giorni, proprio alla vigilia del voto sulla mozione di sfiducia individuale. E che si è chiusa giudiziariamente solo l'altro ieri con il passaggio delle carte da Torino a Roma (per competenza territoriale) ma senza ipotesi di reato, e politicamente si chiuderà oggi con il voto della Camera. Un appuntamento al quale la Cancellieri arriva provata ma con la convinzione, acquisita solo nella tarda serata di ieri, di poter ottenere dal Parlamento la fiducia necessaria ad andare avanti per portare a compimento le "sue" riforme, a cominciare da quella sul carcere più volte slittata: la prima vittima di tutta questa vicenda.
Limato fino a tarda sera insieme al suo staff, letto e riletto, l'intervento del ministro alla Camera non ha mai avuto una chiusa alternativa a quella che oggi risuonerà nell'aula di Montecitorio, ovvero la richiesta della fiducia per continuare a lavorare sulla giustizia. Il testo B, quello con l'annuncio delle dimissioni, non è mai stato scritto, forse per scaramanzia, certo non per sottovalutazione della situazione politica. L'intera giornata di ieri è trascorsa con un occhio costante alle agenzie per cogliere tutti i sommovimenti nel Pd. L'unico momento in cui la tensione si è sciolta è stato quando il presidente del Consiglio Enrico Letta ha confermato di voler partecipare alla riunione dei democratici, per «metterci la faccia del governo». Il premier ne aveva parlato rapidamente al guardasigilli in mattinata, a margine del Consiglio dei ministri sulla Sardegna ed era stata la conferma del suo pieno appoggio. Ciò nonostante, le ore successive sono state ore di incertezza. Non senza notizie positive per il ministro. Per esempio quella dell'arrivo a Roma degli atti della Procura di Torino «non costituenti reato»: dopo un primo sfoglio del fascicolo, anche la Procura della capitale ha deciso la medesima classificazione, per cui gli accertamenti successivi saranno effettuati senza indagati né ipotesi di reato. Probabilmente i magistrati romani si muoveranno nel solco dei colleghi torinesi, che hanno passato le carte ai raggi X senza trovare alcunché di penalmente rilevante. E se la valutazione finale sarà la stessa, Roma potrebbe chiudere il caso con «un'autoarchiviazione», senza passare per il Gip.
Fra notizie politiche e giudiziarie, intanto, Cancellieri metteva a punto il testo che leggerà stamattina. La versione del ministro sarà una puntigliosa rivendicazione della «correttezza» del proprio operato e della volontà di essere una «persona libera e rispettosa delle regole». Lo aveva già detto il 5 novembre, lo ripeterà oggi, nella sua breve arringa di fronte alla Camera per difendersi dalla «catena di accuse» che le sono piovute addosso nonostante le sue difese e due comunicati della Procura di Torino, il primo sull'esclusione di qualunque interferenza esterna nella concessione degli arresti domiciliari a Giulia Ligresti, il secondo sulla mancanza di rilievo penale dei tabulati telefonici acquisiti successivamente all'interrogatorio del ministro. «Non ho mai mentito» ribadirà oggi in aula Cancellieri, anche con riferimento alla sua mai interrotta amicizia con Antonino Ligresti (non indagato), e non invece con il fratello Salvatore. Ricorderà di essersi scusata, davanti al Parlamento, per l'«inopportunità» dei toni e delle parole troppo «empatici» della sua telefonata con Gabriella Fragni (compagna di Salvatore Ligresti) il 17 luglio e ribadirà il «rammarico» per quel suo comportamento. Insomma, stesso passo del discorso del 5 novembre, per arrivare, un'altra volta, a spuntare una fiducia «piena».
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